L’album dei Goat, del 2024, rappresenta un pimpante ritorno alle radici più mistiche e tribali della band svedese, anche se, vivaddio, marcatamente danzereccio. Si balla con l'intensità degli anni '70, alla Tony Manero, in mezzo a un incasinatissimo rito voodoo, rasentando l'orgia funky-psichedelica, su danze orchestrate dai nostri stravaganti stregoni super amanti del groove irresistibile.

Insomma, Goat è una ritmata goduria con coretti alla B-52s, e un divertimento epocale, che incontriamo raramente dalle uscite di questi tempi. Ci si sballa q.b., e ci si dimena dall’inizio alla fine. La testa parte e i piedi vanno da soli e a tempo.

Mi vengono in mente i Talking Heads. per la densità delle percussioni e l'obliquita' dei coretti . Rimangono comunque dei fenomenali cazzari/burloni, che usano esibirsi con delle maschere sciamaniche a nasconderne i tratti e dei quali restano ignote le generalità, il che può far comodo perché permette di essere collettivo e non gruppo classicamente inteso e, in caso di indisponibilità di un qualche membro, cosa peraltro frequente, di sostituirlo con un altro senza che nessuno se ne accorga.

Ma prendono molto sul serio ciò che più conta : la musica. L’album si apre con One More Death, un pezzo potente, complesso, che esplode in una frenetica cavalcata di chitarre. Goatbrain, uno dei momenti topici della band, è psycho-funky con un assolo godurioso, così come la splendida Dollar Bill.

Zombie viaggia su un groove profondo e distorto e Frisco Beaver che fra chitarre twang e percussioni ci trascina in una trance festosa ed è uno dei tanti irresistibili inviti a muovere il culo ed il cervello e darsi una bella shakerata.

Fool’s Journey e The All Is One sono due momenti melodici che con una bevuta in mano, fanno fluttuare beatamente nel cosmo, che all'orizzonte diventa un enorme pista da ballo senza gravità.

Chiude Ouroboros, che rappresenta il circolo vizioso del serpente che si morde la coda, nonchè l'essenza psych-pop di questo disco e dei Goat stessi.

Un’atmosfera retrò delle discoteche forse alternative, del tempo che fu.

Una boccata di aria fresca, che ti rimette in palla.

Un lavoro che trasuda vita, esuberanza senza freni, di un party colorato senza fine.

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