Da poco sono rientrato a casa di ritorno da uno degli abituali pellegrinaggi meditativi sulle mie montagne; ora finalmente innevate. Il bianchissimo ed abbagliante candore che ho incontrato per raggiungere la cima del Moncucco, quasi duemila metri di quota con una temperatura vicina ai 10 gradi sottozero, mi ha fatto venire in mente questa doppia raccolta antologica dei Godflesh. Dimenticatevi il candore della copertina perchè questa è una compilation mostruosa ed asfissiante, che ben riassume il percorso della band nei suoi anni di permanenza presso la label "Earache Records".

Ho le dita quasi congelate dal freddo patito, faccio fatica a digitare i tasti, ma non posso fermarmi. Sono un testardo montanaro e quando mi metto in testa una cosa devo portarla a termine; non ci sono mezze misure. Come non ci sono mezze misure con la creatura musicale messa in piedi da Justin Broadrick sul finire degli anni ottanta dopo aver lasciato i Napalm Death; o li si ama o li si odia. E' sempre stato così con loro.

Sapete già da che parte mi sono schierato, visto che questa è la mia terza recensione sulla "Carne di Dio".

Due dischi per oltre centocinquanta minuti da incubo: si parte con lo scarno ed apocalittico Industrial Metal degli esordi che si è poi evoluto e contaminato con Dub ed elettronica con i successivi lavori. Una macchina artificiosa capace di creare un muro sonoro che stordisce; Justin alla chitarra e G.C. al basso. La sei corde ti taglia in due con un suono ripetuto ed atroce; non è da meno un basso distorto, terrificante nella sua mantrica pesantezza. Aggiungeteci una drum-machine asettica e distaccata che ha il merito di amplificare ancor di più un suono da bolgia infernale.

"Vi riproducete come ratti, non guardate dietro di voi siete già dall'inizio morti": è l'urlo disperato di Justin ad aprire "Like Rats" uno dei brani più famosi e raccapriccianti che i Godflesh hanno composto. E siamo solo alla seconda canzone del primo lato denominato "Flesh Of God".

Il secondo disco, che prende il nome di "Beyond The Flesh", da spazio alla fase più sperimentale degli inglesi: ci sono remix, materiale raro e mai pubblicato, partecipazioni alle Peel Sessions del noto DJ John Peel. Un ottimo compendio uditivo per capire la grandezza di una band che non si è fermata, cercando sempre un'evoluzione senza mai rinnegare il devastante approccio industriale dei lontani esordi.

Da assumere ed ascoltare con le dovute cautele, a piccole dosi perchè creano dipendenza...AVALANCHE MASTER SONG...

Ora posso dedicarmi al mio intirizzito corpo.

Ad Maiora.

Carico i commenti... con calma