10 anni di fermo immagine.

E ciò che ne deriva è una foto stampata con tutti i crismi. Non un'istantanea del momento del ritorno. Un resoconto di un buco nero che sanguina dai bordi. In questa foto non c'è proprio nulla di etereo. C'è solo tanto, tantissimo rumore che sfalda pian piano le pareti del cranio. E' una gradinata altissima che porta ad un tempio diroccato nel quale ci si ferma a pregare le anime dei morti. "Mladic" è questa scalinata, un mantra di preghiera che inizia a crescere ed esplode dopo 6 minuti di tensione, esplode in mantra circolari, mediorientali, spesse coltri di elettricità violenta e pesante che si apre a disperazioni chitarristiche che volano in alto fino ad incontrare un folklore spiccio, percussioni di latta, un'altra foto di strada, di rituali cittadini.

La tensione è tinta di grigio nella mastodontica "We Drift Like Worried Fire", introdotta da ambienti drammatici chiama a sè un tempo forzatissimo, una chitarra che balla come un fuoco spaventato su una batteria dritta e secca, archi svolazzanti creano trame di splendore unico, apertura al positivo e alla speranza che esplode nel sole unendosi alle sei corde, per poi tornare a piantarsi per terra e ritrovare le tinte iniziali, le pelli vengono percosse in maniera nervosa che si traducono in sintomi "rock" e che vanno a chiudersi in un ultimo movimento da camera.

E tutto si chiude perdendosi in un mare di drone neri come la pece, ultima traccia, ultima parte di una foto immensa, ingrandita a tal punto che ci si deve allontanare chilometri per poterla apprezzare totalmente, è un mare calmo ma che cela sotto le sue acque elettriche il terrore di qualcosa in attesa. Qualcosa che è tornato.

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