Strana storia quella dei Gogol Bordello: il gruppo nasce dall'unione di immigrati est europei, tra cui spicca il baffuto cantante Eugene Hutz, scappato dal suo paese in seguito al disastro di Chernobyl, e che, dopo aver viaggiato per 7 anni in tutta Europa (tra cui Italia e Spagna), approda nella Grande Mela, dove conosce gli altri membri del gruppo. Le prime esperienze sono senza molte ambizioni (suonavano nei matrimoni di altri immigrati dell'Europa dell'est) ma pian piano il progetto cresce e diventa un nome di culto del circuto underground.
Il loro stile viene definito "gypsy punk", un'unione tra il classico punk rock e suoni provenienti dalle più svariate culture: rom, balcanica, ucraina. Tutto ciò si traduce in brani, dove il teatro surreale di Brecht incontra Bregovic e in cui anche una lingua a-musicale come l'ucraino si incastra a perfezione con la musica, a volte dal ritmo sfrenato, dove le chitarre si mescolano a violini e fisarmoniche in un pazzo vortice sonoro, ma anche in brani più lirici e introspettivi, . Quest'album, pubblicato nel 2005 e prodotto nientepopodimeno che da Steve Albini, è la loro terza fatica ed è quello che li ha fatti conoscere anche al pubblico italiano.
Si parte con "Sally", brano dalla melodia quasi ubriaca e caracollante (come quela di tutti gli altri brani) scandita dalla chitarra e dall'indiavolato violino con un anthemico ritornello urlato a pieni polmoni. Segue la velocissima "I Would Never Be Young Again" e "Not a Crime", a mio giudizio una delle migliori canzoni dell'album, dove c'è la miglior fusione tra punk e suoni balcanici, nella cui parte centrale chitarra e fisarmonica ricamano melodie orientaleggianti. "Immigrant Punk" sembra quasi un reggae sposato al folklore est europeo mentre "60 Revolutions" si segnala per il ritornello duro e la parte finale del testo cantata in spagnolo. Dopo questi brani euforici abbiamo una pausa con "Avenue B" e i suoi poetici arpeggi acustici e l'incredibile "Dogs Were Barking" dove, nella seconda metà del brano, veniamo immersi in un'atmosfera quasi dub che ci fa ricordare che Huntz è anche un'acclamato DJ. "Oh No" è principalmente folk a cui segue la canzone che compete con "Not a Crime" per la palma di miglior brano, e cioè "Start Wearing Purple", l'episodio più goliardico e dal ritornello più coinvolgente. Segue la provocazione no global "Think Locally Fuck Globally". Potrebbe sembrare un brano politico, ma è solo un pretesto per un altro brano divertente e spensierato. Nella title track si trovano atmosfere alla Clash e nell'intermezzo centrale quasi psichedeliche grazie ai dissonanti suoni di violino e fisarmonica. I seguenti tre brani sono dominati dalla chitarra acustica; tra loro si segnala "Santa Marinella", ricca di melodie anni '50 e di bestemmie in italiano (sentire per credere). Chiude il lungo semi-strumentale "Mishto!".
Un ascolto obbligato per i fan di band come Manu Chao o Ska-P, ma anche per chi ha voglia di passare un'oretta con una delle più interessanti realtà del circuito alternativo.
VOTO=7. 5
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