'Rotations' (Thrill Jockey Records) è l'ultimo disco del progetto Golden Retriever del duo Matt Carlson e Jonathan Sielaff.

Uno dei progetti portanti e più tipici dell'etichetta di Chicago, Illinois, il duo di Portland ha probabilmente esplorato nel corso di tutte le pubblicazioni nel corso degli anni, ogni aspetto e sperimentazioni nel campo della sintetizzazione modulare del suono e della musica elettronica in senso più stretto.

Questo disco, registrato tra settembre e ottobre 2015 presso lo Yale Union di Portland con l'apporto di Branic Howard de gli Open Field Recording, nasce praticamente su commissione, quando i Golden Retriever sono stati invitati dal Consiglio Regionale del'Arte e della Cultura di Portland a realizare una propria inedita installazione sonora presso la storica 'The Old Church' della città e dove si è svolto anche un altro pezzo consistente delle fasi di registrazione.

Questo ha comportato, a differenza che negli altri casi, un approccio più metodico e scientifico alla fase compositiva e ai processi di registrazione e in cui sono stati coinvolti tutta una serie di musicisti tra cui il Mousai Remix String Quartet formato da Erin Cole, Shin-Young Kwon, Jennifer Arnold e Marilyn De Oliveira; Jen Harrison (corno francese), Colin Frey (organo), Catherine Lee (oboe), Matt Hannafin (percussioni), David Coniglio (vibrafono), John Savage (flauto alto).

Chiaramente l'occasione per il duo è stata particolarmente interessante e in un certo senso 'ghiotta' e questo al di là dell'importanza e del riconoscimento 'pubblico' da parte delle istituzioni della loro città, ma proprio per il fatto di poter sperimentare nuove modalità in fase di composizione e di registrazione. Pertanto il risultato finale è in qualche maniera inedito rispetto alle altre produzioni.

L'opera si incentra concettualmente attorno al principio di 'rotazione' e l'ascolto di questo disco casualmente coincide nel mio caso con la lettura cominciata ieri sera di un romanzo dello scrittore di fantascienza australiano Greg Egan (uno dei massimi autori contemporanei nel genere) e in cui uno dei temi centrali, all'interno di un'opera letteraria che definirei sicuramente complessa se non addirittura difficile e particolarmente 'tecnica', riguarda il viaggio nello spazio-tempo attraverso una astronave che compia una specie di moto oscillatorio allo scopo di salvaguardare la salvezza di un pianeta messo in pericolo dal bombardamento di meteoriti.

Il pensiero è quello del flusso e del riflusso delle onde del mare sulla spiaggia oppure quando questi si infrangono violentemente su di una superficie rocciosa e quel parallelo con il processo di 'rotazione' che si può considerare sia in termini di continuum che di produzione di energia e forse la rappresentazione di entrambi questi aspetti è quello che i Golden Retriever propongono all'interno di questa opera.

La prima traccia, 'Pelagic Tremor', a partire dal titolo è chiaramente una rappresentazione sonora di un vero e proprio mare in tempesta. L'opera è carica di una certa energia dronica e il suono letteralmente investe l'ascoltatore in continue e ripetute ondate di suono che si sovrappongono l'una a l'altra. 'A Kind Of Leaving', la seconda traccia, come la conclusiva e suggestiva, drammatica 'Sunsight', è invece una composizione più complessa e di carattere meditativo, l'elemento più tipicamente 'new age' diviene più centrale all'interno delle sonorità proposte, e nella rappresentazione di sonorità più di avanguardia e di musica tipicamente concreta, i Golden Retriever guardano alle composizioni di Philip Glass e certe suggestioni Ryuichi Sakamoto e di jazz sperimentale avanguardistico e notturno.

'Tesselation' è di 'A Kind Of Leaving' una ideale continuazione: il tessuto sonoro di base rimane infatti lo stesso, ma su di questo si introducono e subentrano, fino a diventare dominianti, filacciamenti di musica sintetica e alterazioni di onde sonore che raggiungono tonalità più alte rispetto a quelle precedente con suggestioni di carattere 'thrilling' e space-music nello stile di colonne sonore del genere a partire di quella più rappresentativa di '2001: Odissea nello Spazio'.

'Thirty-Six Stratagems' è un episodio di musica ambient cristallina e minimal: le sonorità in questo caso sono allo stesso tempo caotiche e rappresentazione di uno stato di quiete in una continua contrapposizione tra yin e yang. L'idea è quella di suono che evochino civiltà lontano nello spazio e nel tempo, insediamenti umani che erano già città prima ancora che la storia si potesse definire come tale e in una specie di parallelo con quello che è lo sviluppo della 'creatura' uomo a partire dalla sua generazione e la sua crescita e sviluppo all'interno della placenta e fino al parto. Forse pensare a una opera nostrana come 'Fetus' di Franco Battiato, qui, in questo caso specifico, non è completamente sbagliato. 'Thread Of Light' è forse la canzone più minimal contenuta all'interno dell'album e in cui lo stile ricorda molto quello di Brian Eno: i suoni sono tanto minimali quanto allo stesso tempo ricercati e descrittivi giustificando in pieno la definizione di 'paesaggio sonoro'.

Come al solito, nel caso di registrazioni di questo tipo, ci troviamo davanti a qualche cosa che non possa andare bene a ogni tipo di ascoltatore. Questo non significa che ci siano ascoltatori che abbiano più sensibilità di altri. Nel mio caso parlerei semplicemente di gusto e di predisposizione e interessamento nei confronti di un tipo di sonorità rispetto ad altre. Quello che è certo è che questa qui è un'opera raffinata, curata, ben fatta e che i suoi contenuti sul piano puramente emozionale sono pari alla bravura degli interpreti.

Il resto come il mio giudizio finale riguarda più quello che può significare un'opera di questo tipo considerata come tale e secondo le proprie attitudini.

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