Nell'anno del Signore 2005 ebbe luogo l'inaspettato quanto gradito ritorno alle scene (sotto l'egida della potente Nuclear Blast) di un nome storico appartenente a quella primordiale ondata death metal che tante soddisfazioni seppe "infliggere" agli amanti del genere: i Gorefest.

Il platter in questione segna un chiaro ed inequivocabile come back verso sonorità più ortodosse, tipicamente old school, scevre da contaminazioni seventies oriented, che segnarono il percorso del combo olandese (portandolo fino allo scioglimento) all'indomani dell'uscita del loro masterpiece "Erase", con album come "Soul Survivor" e "Chapter 13", molto apprezzati dalla critica metal (siamo nella seconda metà degli anni '90 e in un periodo in cui il death è genere ormai asfittico e morente, solo coloro che seppero mescolare bene le loro carte artistiche inserendo le influenze più disparate e disomogenee, resistettero più a lungo all'inevitabile stagnazione compositiva), ma che all'incedere dell'inclemenza del tempo mostrano oggi i loro limiti, non risultando più freschi od omogeni ma slegati e alquanto forzati.

Tornando al nostro "La Muerte", possiamo tranquillamente affermare che l'antico magistero dei nostri non è andato perduto, le chitarre affidate al duo Harthnoon/Bonebakker sono potentissime e corpose, groovy come raramente capita di sentire in album del settore, capaci di risporlverare grandiosamente i marchi di fabbrica della band, cioè le armonizzazioni dissonanti e i passionali solos, mentre la sezione ritmica, come sempre presieduta dall'ottimo Ed Waby, è tellurica ed emozionante, mai caotica od imprecisa. Infine come non essere piacevolmente sorpresi dal notare che a circa 10 anni di distanza la potenza del profondissimo e rabbioso growl di J.C. De Koeyer non ha perso nulla, trovando di contro limpidezza e gutturalità a discapito del sempre maggiore uso di vocals inintellegibili come accade di norma per moltissimi gruppi death e brutal.

Detto questo, vi è da dire che il livello medio del songwriting non è ancora giunto al suo pieno regime e fulgore (questo avverrà solo con l'uscita del successivo e deflagrante "Rise to Ruin", 2007), quindi al fianco di song debordanti ed evocative come "Rogue State" troviamo brani meno riusciti come "Malicious Intent" o "The Call", dove le idee illuminanti latitano, oppure ci si imbatte in pezzi un po' manieristici come "Of Death and Chaos" sicuramente piacevoli all'ascolto, ma che successivamente non lasciano segni evidenti nella memoria dell'ascoltatore.

Da contraltare segnaliamo la triade iniziale ("For the Masses", "When the Dead Walk the Earth", "You Could Make Me Kill") davvero monumentale, un meraviglioso biglietto da visita per tutti coloro che ancora non conoscono la furia e le atmosfere sulfuree che i Gorefest sanno creare, le spettacolari e groovy "Exorcism" e "Man to Fall" e la cangiante e vagamente dal sapore carcassiano (da sempre fonte d'ispirazione dei nostri, ispirazione non plagio!!!) "The New Gods".

Per ciò che concerne registrazione e artwork non vi è nulla da eccepire, la tanta cura profusa non intacca la naturalezza artistica del prodotto finale.

In definitiva "La Muerte" è una buona apertura di credito presso tutti i metal head che ai tempi d'oro del death metal non erano presenti per ragioni anagrafiche e per tutti coloro che hanno voglia di riassaporare antichi suoni non ancora perduti definitivamente.

Buon ascolto.                

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