C'è qualcosa di profondo nelle cose semplici. Qualcosa di dolce e allo stesso tempo triste. Come il blues.

Arriva il momento in cui te lo ritrovi tatuato nella pelle. E' lui che ti sceglie. E scopri di non riuscire a farne a meno.

E' quando non ci costruiamo aspettative che lasciamo scoperti i nostri punti deboli. E le cose semplici hanno la capacità e la facilità di entrarti dentro ed essere pompate a tutto il corpo, in un battito di ciglia.

Warren Haynes il blues ce l'ha nel sangue. Nella sua voce roca e passionale bagnata nel bourbon. Ma soprattutto nel suo universo a sei corde fondato sul sudore e la dedizione. Il suo talento chitarristico infatti non è un dono della provvidenza, bensì il frutto del sacrificio di anni passati a coltivare le aspre terre confederate.

E con i suoi Gov't Mule ci delizia da qualche lustro di un rock sanguigno che si pone a sud di nessun nord, mescolando il rock'n'roll al blues, il country al soul, alla maniera degli intramontabili Allman Brothers, di cui peraltro è stato membro per lungo tempo.

La sua è una musica dall'animo buono, schietta come del buon vino, che si concede senza compromessi né interessi. Suoni caldi e saturi intarsiati nel mogano, che dipingono la realtà sensibile, dove il colore viene prima della forma.

“Life Before Insanity” forse non è il loro miglior disco. E' semplicemente uno dei vari onesti e pregevoli lavori che questa band ci ha lasciato. Dalle distorsioni gibsoniane di “Wandering Child” e “Bad Little Doggie”, che sembrano sanguinare fuori dallo stereo, ai fills penetranti della title track, tutto scorre naturale come un'improvvisazione e senza un vero e proprio momento di cedimento.

Ma Haynes e soci ci regalano soprattutto alcune delle ballate più riuscite della loro carriera, “Fallen Down” e “Tastes Like Wine” su tutte, canzoni nate per emozionare all'aria aperta e a cui le quattro mura di uno studio di registrazione forse stanno un po' strette. La dimensione live resta a tutti gli effetti il palcoscenico ideale per questi rocker d'altri tempi.

Alla fin fine i Muli concedono qualche minuto di troppo, in questo come in altri lavori. Quasi una deformazione professionale per loro. Ma si sa, questa è gente che non si risparmia e che butta sempre il cuore oltre l'ostacolo.

E questo è il blues.

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