Siamo nel 1994 e gli Helium, band indie rock americana formatasi l'estate di due anni prima, pubblicano per la Matador Records questo loro primo Extended Play. L'etichetta, che opera prevalentemente in ambiente indie, rappresenta già una sorta di garanzia se teniamo in considerazione alcuni signori con i quali si è immischiata (Lou Reed, Sonic Youth, Pavement, Yo La Tengo, Moonshake, Flipper, Mogwai, Liz Phair e via discorrendo) e l'epoca in cui è stato prodotto il lavoro in questione ci rassicura, specie se pensiamo che non coincide esattamente con quella attuale in cui "indie" è sinonimo di "qualsiasi cosa non sia meglio classificabile".
Il disco trasmette sin dal primo ascolto sensazioni ibride. Lo scenario musicale, che tratta temi tanto ammalianti quanto confusi e scarmigliati, è curato dalle distorsioni scarabocchiate delle chitarre che, pur mantenendo sempre il primo piano, lasciano pieno spazio alla voce, talvolta decadente e spesso quasi eterea, della signorina Mary Timony, che arranca annaspando verso un nuovo feedback da trascinare con sé fino all'essenza dei brani.
Dall'EP non vengono estratti singoli, ma viene prodotto un videoclip per "XXX", brano non del tutto emblematico per l'intera opera, ma che, complici le immagini disorientate che lo accompagnano, ne rappresenta sicuramente uno dei momenti più interessanti.
Un buon biglietto da visita dunque, con vette elevate e spunti interessanti. Chiaramente più immaturo rispetto al disco d'esordio che l'anno seguente lo seguirà a ruota, ma, assistito dalla breve durata, fruibile anche dalle orecchie più "snob".
Nel loro primo vero album, "The Dirt of Luck", raffineranno le loro peculiarità stilistiche, proponendo un lavoro più completo e convincente. Da non perdere.
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