Ieri pomeriggio, rientrando a casa dall'escursione alle porte della Valgrande sopra Verbania, ho voluto ascoltarmi il nuovo album di Page Hamilton e dei suoi Helmet pubblicato appunto l'11 Novembre. Mi sono detto: "vista la durata di poco superiore ai 30 minuti mi farà compagnia fin quasi nella mia Domodossola". E così è stato e devo dire, non senza sorpresa, che non è così male come in realtà mi sarei aspettato ed avendo già letto alcune decise stroncature in rete.
Ad ogni nuovo ascolto le cose migliorano!
A parte un paio di episodi sul finire del disco che non mi hanno convinto, anzi tutt'altro e dei quali, fossi stato nell'amico Page, avrei fatto a meno!
E' evidente che dobbiamo dimenticarci il RUMORE BIANCO, quadrato e brutale dei primi due momumentali lavori degli anni novanta: credo di poter affermare con la massima sicurezza che nessuno pretende ciò. Page ha compiuto a Maggio 63 anni e sarebbe davvero ridicolo un prepotente ritorno a quell'Hardcore-Noise-Alternative-Metal che ha fatto scuola a centinaia di band (cito come eloquente esempio Deftones e Korn). Non avrebbe senso alcuno lasciatemi aggiungere.
Undici brani, molti dei quali al di sotto dei tre minuti di durata. Produzione e suoni eccellenti che mettono in equilibrata evidenza tutti gli strumenti, dalle due chitarre interagenti tra loro alla sezione ritmica che garantisce, in almeno 5 canzoni quel propellente siderurgico autentico marchio di fabbrica, con tanto di certificazione, dei nostri.
Il deciso Power-Pop corazzato e rombante dell'accoppiata "Holiday" e "Gun Fluf" (già editi come singoli nelle scorse settimane) apre Left. Ritmi sostenuti, ritornelli accattivanti, la voce di Page che prova a graffiare come ai bei tempi che furono, assoli delle sei corde precisi ed azzeccati: siamo vicini al suono di Betty, lavoro del 1994.
Proseguendo le cose restano buone e propositive: stop and go disseminati nello scorrere dei brani, batteria con retaggi sincopati che cercano di evocare il glorioso passato; tutto gira bene in modo fludio. Certo non griderei al miracolo uditivo, ma fino almeno a "Dislocated" l'ascolto resta convincente, a parte qualche passaggio a vuoto e melenso come avviene all'inizio di "Make-Up" che si riprende sul finale con un micidiale breve assolo di chitarra rumoroso, distorto, strappato.
Come già scritto nell'ascolto di ieri, anche se ho cannato il titolo, le cose cambiano sul finire, con particolare riferimento a "Tell Me Again" dove compaiono strumenti acustici e mi sembra di ascoltare i Motorpsycho di Demon Box più agresti e bucolici; che poi non sarebbe neanche male, ma stiamo parlando degli Helmet per la miseria.
La chiusura è affidata alla breve "Resolution" dove Page ricorda all'ascoltatore i suoi trascorsi Jazzisti agli inizi di carriera.
In conclusione, tenendo conto alche dell'affetto incondizionato che nutro da decenni nei confronti del Signor Hamilton, un più che sufficiente ritorno.
Il gruppo suonerà il prossimo 27 Novembre al mitico Bloom di Mezzago: a questo punto sono curisoso di rivedere gli Helmet all'opera, sarebbe la terza volta, confidando nell'esecuzione di bombe ad orologeria del remoto passato ed anche dei nuovi pezzi che a parer mio possono acquistare in sede live prepotenza e dinamicità.
Ad Maiora.
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