'Helzapoppin' (1941)

Ecco un film che è rimasto fortemente impresso nel tessuto sociale di un’intera nazione tanto che il titolo (assolutamente “senza traduzione”) è diventato negli anni sinonimo di “follia, non-sense e imprevedibilità” tout court.

Il primo film (1941) che con appena 84 minuti segnerà l’esordio di un vero e proprio “nuovo genere cinematografico a sé stante” classificato come “demenziale”. Una strana accozzaglia di gags comiche assemblate in ordine quasi casuale e tenute assieme da una trama pressoché improbabile, vero e proprio pretesto per poter frullare assieme tutte le diverse performance presenti in un contesto quasi plausibile ma non del tutto. In pratica la storia di un film da fare, che stenta a decollare per mancanza di fondi con il regista che tenta a sua volta di convincere il produttore sulla “buona riuscita” dell’intero suo operato. Manco a dirlo che la realizzazione sarà un disastro su tutti i fronti ma il film invece sarà un successo enorme (e non solo nella finzione!).

Uscito nel ’41 sulla scia di un grosso successo teatrale di Broadway il film era perfettamente sintonizzato con quello “strano clima” di euforia che si stava respirando in America a quel tempo (noncurante dello spettro della 2° Guerra Mondiale che stava devastando l’Europa).
Un film, dicevamo, costruito all’interno di un altro film da fare (Federico Fellini stesso dichiarò di essersi ispirato a questo film per il suo “Intervista”) impostato su una coreografia tipicamente teatrale e quasi tutto girato all’interno di una villa padronale che verrà immancabilmente devastata. Un film che ha tutt’oggi il fascino della “simpatica anarchia trasgressiva e cialtrona” dove tutto è possbile e dove non ci si può permettere il lusso di allentare per un attimo l’attenzione e la fantasia.

Nonostante le mille traversie affrontate dal vero produttore il film è un vero e proprio campionario di gags, scenette zeppe di battute ed effetti davvero sperimentali per quegli anni e che saranno il serbatoio e la “Bibbia” da cui attingeranno tutti, ma proprio TUTTI, i registi che seguiranno sulla stessa scia: da Mel Brooks ai Fratelli Marx passando da John Landis e arrivando fino ai nostrani Neri Parenti e Vanzina (di ben più basso calibro e statura).
Ricordiamo tra le altre scene:
- quando la pellicola si sfasa rispetto alla trasmissione con gli stessi personaggi che si battibeccano in diversi fotogrammi sormontati,
- I diavoli che affilano i forconi scivolando sulle pedane
- Il fattorino che, senza preavviso e senza logica, interrompe le varie scene alla perenne ricerca di “Miss Jones” a cui consegnare una pianta che diventa sempre più grande
- Le continue invenzioni prettamente visive con sequenze ad incastro le une sulle altre ancora oggi insuperabili...

Insomma: una serie di numeri davvero folli, uno più surreale dell’altro a ritmo incalzante e con una “libertà creativa” raramente riscontrabile nell’attuale filmografia moderna, sempre a caccia di un “senso” e di una “logica” nel susseguirsi del racconto che, volenti o nolenti, deve avere sempre e comunque una trama.
E fa ridere ancora oggi vedere il nome del regista che è quasi identico all’ acclamato eroe del cinema fantastico di questi anni (tant'è che alcuni siti confondono entrambi!).

Sarà pure ironia della sorte ma a me piace pensare a questo fatto come l’ennesimo colpaccio di un film talmente “geniale nella sua assurdità” che continua a piazzare i suoi colpi bassi ancora oggi, a 66 anni di distanza, quando meno te l’aspetti…
(Chissà se Joanne Kathleen Bowling, l’autrice del mitico maghetto, ci aveva davvero pensato!)

Assolutamente DA VEDERE almeno 2 o 3 volte (tra l’altro, esce per la prima volta in DVD in questi giorni, guai a chi se lo perde!!)

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