Come si fa a dimenticare il mare, a dimenticare la terribile estasi dell'abbandono all'onda perpetua che trascina verso lontananze meravigliosamente ignote e familiari.
Solo ora in cui cerco di scriverne, mi rendo conto di aver inconsciamente pensato alla "mia idea" perduta del mare, quando ho riscoperto quest'album immenso.
1965, Herbie Hancock ha 25 anni e da due fa parte del quintetto di Miles Davis. La musica che ha dentro però ha bisogno di trovare anche una forma differente:"...la musica in sé non ha valore, ciò che rende la musica valida è l'effetto positivo sulle persone che vanno ad ascoltarla. Quando ho cominciato a pensare di più alla gente ho affrontato la musica dalla prospettiva delle loro vite piuttosto che della musica in sé...".
E l'Hancock che nel '65 introduce "Maiden Voyage", fa un pò a meno dell'astuzia e dell'imprevedibilità di Davis, dando però alla luce un album che sarà il manifesto della sua poetica.
Il nome è già una dichiarazione d'intenti: "Maiden voyage" è il viaggio inaugurale di una nave, che per la prima volta prende il largo; accompagnata da un ritmo ondeggiante del piano di Hancock, dal lento cullare del contrabasso di Ron Carter e dallo sciabordio delle onde che vien fuori dalla spazzola di Tony Williams.
Ad un tratto la tromba di Freddie Hubbard e il sax tenore di George Coleman uniscono le loro voci: timide da principio, come impaurite alla vista della terra appena lasciata e dalla difficoltà di superare la sua nostalgia; un acuto, come un grido sommesso, viene però a spezzare l'iniziale timore e le voci si fanno più sicure verso il largo...
...Hancock e Williams continuano a tessere una tela acquatica senza orizzonti, ma è Coleman che a questo punto prende il timone: racconta il vento, che dolcemente gonfia le vele, da lui si lascia trasportare, veloce, senza meta.Si ritrova così a solcare più volte le stesse acque con un po' di sgomento. Di nuovo avanti e indietro la nave procede, goffamente, a piccoli passi nell'enorme pancia marina...
...la stessa scia guida la tromba di Hubbard: più volte alza la voce, prende orgogliosamente in mano la rotta del proprio viaggio; altrettante cade nello sconforto, per la propria impotenza nei confronti del destino. Conosce, ormai, le leggi del mare, può cadere e rialzarsi con maggior forza; ma nell'attimo di maggior sicurezza, un'accellerazione improvvisa, il rullo di tamburi di Williams preannuncia un'ombra nel cielo, un vortice a cui la vita non può sottrarsi. Fino a ritrovare i colori dell'inizio del viaggio, insieme alba e tramonto, come le splendide due note fuse insieme da Hubbard...
...i tasti del piano ora vengono lasciati soli: Hancock li percorre come fossero scale, seguendo a ritroso il solco tracciato nel mare; Carter deve quasi scordare lo strumento, per immergersi nella profondità della memoria.
Sonorità al limite dell'onomatopeico parlano del viaggio dell'uomo: e se il senso non fosse altro che un eterno ritorno?
Letteratura, Filosofia: forse sono troppo per un traccia di 7:47 min.
Una cosa, però, è certa: la musica ha parole, idee e sogni. E questo basta per ascoltarla e credere in quello che dice. Quindi, se volete scoprire l'idea del mare che avete dentro, non potete non ascoltare ciò che questi artisti raccontano in quest'album. Immenso.
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