Come fare a trovare eccellente musica jazz? Il catalogo della Blue Note è quanto di più affascinante ci sia in circolazione. Inoltre recuperare questo materiale è divertente. A volte è come una caccia al tesoro. Si spulcia tra le bancarelle del Naschmarkt (Vienna) o nelle traverse di Mariahilfestrasse (sempre Vienna) dove ci sono decine di piccoli e disordinati negozi che hanno un mucchio di materiale usato sparsi su rudimentali scaffali. E' lo stile viennese, che come ambiente gode di gran fama per i suoi valzer, la musica classica, ma non dimentica un affascinante sottobosco di appassionati jazz. Ci sono locali come il Porgy & Bess (prende il nome da una lirica di Gerschwin), o il Bluebird (il proprietario è Joe Zawinul) dove si suona jazz a più non posso.

Fatta questa piccola premessa, mi getto nella recensione di "Maiden Voyage", dove il pianista Hancock incendia con le sue melodie l'atmosfera tipica del cool jazz-hard bop, con la collaborazione del sapiente Freddie Hubbard alla tromba, Ron Carter al contrabbasso, il giovanissimo Williams alla batteria e George Coleman al sax tenore.

L'album è del 1965. Hancock è un genio. Anche i profani ricorderanno il mitico sound scompaginato di "Watermelon Man" del suo disco d'esordio. Un classico vero? La melodia partiva da un'orecchiabilità semplice sulla quale si percepiva un rythm & blues efficace. Con brani successivi come "Cantaloup Island" si gustavano sonorità funky. Ed ecco che con "Maiden Voyage" (quinto disco da leader per Herbie) si torna a spezzare l'inerzia e si finisce per scrivere qualcosa di fortemente contrapposto alla vena creativa (e ingolosita dal successo) dei 4 precedenti album.

Siamo di fronte a un professionista maturo che decide di intraprendere strade nuove, quasi impressioniste, e a tratti sembra quasi che si voglia recuperare la verve, il sound, che era abituato a respirare con il quintetto di Miles Davis. Infatti il gruppo quivi riunito è quasi quello del trombettista (Coleman escluso) al posto di Shorter e logicamente di Davis.

Se proprio di vuole essere critici, gli abbellimenti di Hubbard non sono all'altezza del grande Miles. Williams è suggestivo come sempre. Coleman, in una parola, umano. Il re della sessione è senza dubbio Hencock. Le composizioni (5 brani) sono all'altezza della sua fama e capacità compositiva. Delicatezza melodica (appunto nello stile cool jazz) ed intenso lavoro armonico, per una capacità descrittiva davvero succulenta. C'è una sorta di ritorno all'acustica, una specie di tentativo di smussare il sound e a tratti (ma è una percezione, lo assicuro) una discutibile voglia di ricadere nelle forme commerciali. Ma alla fine l'album conta episodi davvero riusciti, come l'intensa "The Eye Of The Hurricane" o il brano di chiusura "Dolphin Dance", e non scade mai, non sfiora la banalità nel modo più assoluto.

Per un approccio ad un jazz morbido, orecchiabile (ma non troppo), buttatevi su questo lavoro che considero adatto a (quasi) tutte le orecchie esigenti. Lo squisito trattamento di Hancok agli 88 tasti del piano acustico è in questo album, ripeto del 1965, probabilmente l'ultima occasione di ascoltarlo a livelli di intuizione e creatività eccellenti.

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