Come una piccola nube che innocua compare all'orizzonte in un sereno pomeriggio estivo e col passare dei minuti si avvicina mentre di pioggia si riempie. Si abbatte per mezz’ora su case e palazzi, alberi e viali, per poi lasciare nuovamente spazio al sereno.

Come un sintomo impercettibile che, accrescendosi, sconvolge una tranquilla esistenza borghese.

Così la grande depressione portò delle ombre nella via verso il migliore dei mondi possibili dell’uomo liberale ottocentesco.

Così Bartleby si insinua e incrina la vita del narratore di una storia di Wall Street.

Era costui (intendo dire il narratore, non Bartleby) un avvocato piuttosto avanti negli anni, che, nel tempo, aveva maturato profondamente questa convinzione: “nella vita la via più facile è la migliore”. Non interessato alla fama della platea, desideroso di una vita tranquilla, si era specializzato in diritto civile, tra titoli, obbligazioni e ipoteche. Un uomo cauto e fidato, le cui virtù erano la prudenza e il metodo, egli manteneva sempre la calma e non si lasciava prendere dall’indignazione di fronte a torti e oltraggi.

Come narratore mostra di conoscere molteplici artifici retorici. Discute le fonti, distinguendo tra quelle affidabili (“Quello che videro i miei occhi”) e quelle incerte (“una vaga notizia che apparirà in seguito”). Su di esse riflette per poi commentare con distaccata e misurata ironia borghese. Affronta l’argomento con tono pacato perché con modestia ritiene che sia la materia, in quanto mai trattata, ad essere utile e interessante per la comunità umana. Le sue parole hanno l’incedere tranquillo di colui che conosce il proprio posto nel mondo e, imperturbabile, non ha alcuna intenzione di metterlo in discussione neanche davanti ai casi più strani e singolari.

Tra questi c'erano quelli rappresentati dai suoi tre dipendenti che occupavano con lui l’ufficio, sito al primo piano di Wall Street, n. - ..

Turkey era un copista inglese, di circa sessant’anni; professionale e dal colorito florido la mattina, diventava stranamente acceso e iracondo di sera. Nippers era l’altro copista, un giovanotto giallognolo, con basette e un’aria piratesca. Esattamente al contrario di Turkey, il suo nervosismo si manifestava al mattino, mentre spariva al pomeriggio. Tuttavia, scriveva con mano nitida e rapida, e aveva un portamento da gentiluomo. Infine, Ginger Nut era uno sveglio tuttofare che, data la sua avversione per le materie di legge, veniva occupato per servire gli altri tre. Come si può vedere, non erano certo liberi da stranezze e singolarità, eppure il nostro avvocato, imperturbabile, conviveva con esse, analizzandole con metodo e indirizzandole in modo da proteggere le proprie abitudini e la propria tranquillità.

Rispetto a quella di Bartleby, però, le loro singolarità potevano semplicemente far sorridere.

Assunto in ufficio a causa di un aumento del carico di lavoro, la sua figura appariva “pallidamente linda, penosamente decorosa, irrimediabilmente squallida”, nel complesso, si mostrava estremamente mite. Sembrava un ottimo impiegato per lo studio, dal momento che era un copiatore indefesso e vorace, alacre e stakanovista, silenzioso e meccanico. Però, aveva anche uno spirito dimesso e cocciuto, soave e ostinato, che mostrò per la prima volta, inaspettatamente, quando, richiamato dall’avvocato per svolgere una diversa mansione, “senza muoversi dal suo angolino, con voce singolarmente soave, ma ferma, rispose: “Preferirei di no””.

Che risposta!? Quale sarebbe il significato di una risposta simile? Se lo chiedeva l’avvocato, se lo chiede il narratore anni dopo e, infine, se lo chiede sicuramente ogni lettore.

Tuttavia, l’unico che avrebbe potuto fare qualcosa, l’avvocato, per quieto vivere o perché preso dalle incombenze decideva di soprassedere. Però, purtroppo, come battito d’ali di una farfalla pulò provocare un remoto uragano, così i comportamenti di Bartleby finivano per ripetersi e incancrenirsi, turbando la serenità che l'avvocato aveva fino ad allora difeso ad ogni costo…

Da quanto detto, può sembrare evidente come a questa storia soggiacia un’analogia tra lavori estremamente noiosi e ripetitivi (correva voce che Bartleby fosse stato impiegato nello smistamento della posta non recapitata), e solitudine e alienazione nelle società iper burocratizzate.

Tuttavia, non è tutto qui. in questa novella, i fatti sono raccontati in forma regolarissima e quasi tradizionale, eppure la spiegazione del caso Bartleby è vaghissima e indefinita, indeterminato e indefinibile il suo significato: felicissimo ne è il risultato. Si va oltre questa corrispondenza, alienazione e solitudine sono condite con una spruzzata di mistero, di assurdo, di no-sense.

Questi elementi sono sicuramente antesignani di tantissima letteratura novecentesca e, con loro, tutti i tratti della figura di Bartleby; però, risulta ottocentesca la fiducia ostinata in una spiegazione a tutto ciò, una fiducia che metta ordine e possa inserire entro una logica anche la più eccentrica delle stranezze; classica è la teoria degli umori a cui presta credito qua e là il nostro narratore; infine, biblica è la conclusione, assieme a gran parte del sostrato culturale, di Bartleby lo scrivano.

Questa mescolanza rende imperituro il fascino di questa novella.

Da leggere e rileggere.

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