Questo è un disco di ottima fattura, di artisti maturi che, probabilmente anche perché fuori da giochi di classifica e sogni di gloria, mettono in piedi una macchina di canzoni di gran classe, di gusto elevato, di sapori raffinati.
Quando la qualità è alta, e quando al contempo ci si disinteressa della quantità (le copie da vendere), s'abbandonano gli effetti speciali, i fuochi pirotecnici, i coupes de téatre. Non s'esagera in nessuna direzione, non si diviene né baggiani né troppo sofisticati. Ci si limita, insomma, e ci si attiene alle logiche più lineari.
"Into Your Heart" è un disco di pop chitarristico venato di soul, blues, gospel, e solo lievemente speziato di irish. Niente rock e pop fracassone, niente attinenze col predecessore "Born" dunque; niente spirituals e cori megagalattici, come nei primi dischi. Niente toni epici né struttre celtic, niente sermoni da fanatici religiosi né pastorali da chiesetta di legno in Tennesee. Niente canti da coltivatore di cotone con la palla al piede e niente Guinness.
Assaggiando questo disco troverete che lo spiritual è dimesso, raffinato (l'eccellente opener "Your Love Goes On"), che il pop-blues è sofisticato ed al contempo lineare; che i cori sono coretti e non spaccano più i vetri decorati delle cattedrali; che i riffoni sono divenuti puntualissimi e calibrati arpeggi; che i pezzi più chitarristici non sono incalzanti e instancabili, ma scanzonati e morbidi.
Non ci si abbuffa: si degusta, si assapora, si assaggia. Non ci si imbriaca, si sorseggia, si pasteggia.
Le ballate sono tenui, "Peace Tonight" è in un falsetto singolare, "Feel Like Living" è quasi tutta quanta al piano. "Alright" la si canta tutta in coro dalla prima all'ultima sillaba; il canto di "Out Of Nowhere" è antichissimo ma è solo popblues.
Liam Ó Maonlaí è un interprete ancora più straordinario, sempre meno poprock e sempre più blues da un lato ed etnico dall'altro, e tira fuori interpretazioni e soprattutto timbri mai sentiti, alle volte parvendo una donna, e senza neppure usare granché il falsetto.
Il risultato, seppur ottimo, non è il capolavoro che sembrerebbe dalla lettura delle mie parole: preso tutto d'un fiato, fatto fuori in pochi bocconi, "Into Your Heart" rischia di apparire un po' monotono e senza dubbio poco coraggioso. A chi è abituato allo spiritual rock esplosivo di "People" ed "Home", all'ottimo postceltic-rock di "Born", questi Hothouse Flowers del 2004 sembreranno senza sapore... Qualunque risultato qualitativo siano in grado di raggiungere con questa delicatezza d'approccio, Liam e compagni sono una vera grande band quando ti dànno di che rimpinzarti l'anima, quando vogliono farti prendere delle autentiche sbornie di speranza, quando Ó Maonlaí ha le sue sacrosante logorree. Chi è abituato alle scorpacciate ed alle loro pietanze tipiche, solitamente ultracondite, crederà in un livellamento verso il basso, faticherà a trovare gli Hothouse Flowers nella loro essenza.
Ecco cosa manca ad "Into Your Heart": la platealità, i toni accesi, la voglia d'esagerare, la magniloquenza, il delirio, la pressoché mancanza del senso della misura.
In una parola sola, il fervore.

Carico i commenti... con calma