Per favore, qualcuno spiegasse ad Ethan Miller che gli anni settanta sono finiti da un pezzo, che l'organo Hammond non lo usa più nessuno e che il binomio barbone incolto-capigliatura stempiata non va più d'accordo con i gusti delle giovani leve che acquistano i dischi.

 Canzoni di un'altra epoca per gente di un'altra epoca che magari avrebbe voluto esserci trent'anni prima. Era l'operazione già compiuta due anni fa con il primo disco del side project dei rumoristi Comets on Fire: gli Howlin Rain, il biglietto più a buon mercato per viaggiare  sulla route 66 a bordo di una moto verso un'estate di libertà e paura.

 Stavolta Ethan rende la sua musica un tantino più complicata ampliando la formazione con un ottimo polistrumentista come Joel Robinow (ex Drunk Horse) alle tastiere e fiati, ma il leit motiv è rappresentato sempre da quella strana mistura tra lo sballo lisergico californiano, il rock delle radici e l'attitudine alla jam da crossover. Il liquido piano elettrico che conclude un brano urlato alla Creedence come "Calling Lightingh pt.2", evoca cavalieri morrisoniani nella tempesta buttati in questo mondo come un cane senza osso. Lo strano crossover abbracciato da Miller con la nuova formazione è palese in canzoni come "El Rey", puro zucchero filato che scende ad avvolgerci con quegli accordi di chitarra e il sottofondo d'organo e piano elettrico ad accompagnare il falsetto di Ethan lungo un brano che si espande fino ad uno strano respiro da Blaxploitation. Lo stesso innesto di "Dancers at the end of time", tra "explosioni" di chitarre wha- wha e tastiere su un tappeto ritmico da danza indiana attorno al fuoco, è estremamente coinvolgente associato alla prestazione vocale di Miller, che straccia la carta di cui sono fatti i tweeter delle casse acustiche di una volta (altamente raccomandate per questa musica).

 Altrimenti "Lord Have Mercy" sposta l'effetto straniante verso i peana corali volti al cielo dalle misconosciute band del southern rock degli anni novanta come The Screamin'Cheetah Wheelies, con le mani in alto verso la pioggia ristoratrice invocata dopo mesi di siccità in quella comune nel deserto dove è difficile far credere che marijuana e poligamia sono roba illegale, che il vinile è stato sostituito dal cd e le rockstar di una volta oggi giocano a golf.

 L'effetto sorpresa è finito e questo disco è meno selvaggio e coinvolgente del precedente. Ma se Ethan Miller termina l'album con una ballata ("Riverboat") in onore del morto riconoscente come se fosse suonata al party del suo funerale dai burattini di carne alle prese con un piatto di "huevos", allora avrà sempre un posto particolare nel mio cuore.

Elenco tracce samples e video

01   Requiem (00:56)

02   Dancers at the End of Time (05:53)

03   Calling Lightning, Part 2 (05:10)

04   Lord Have Mercy (06:34)

05   Nomads (05:05)

06   El Rey (07:10)

07   Goodbye Ruby (07:50)

08   Riverboat (06:08)

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