Divagazioni cinematiche in tema desertico. 

 

Un altro disco senza nulla di superfluo, scheletrico quanto le rovine di una casa che giace abbandonata nella prateria da qualche secolo.

Solo due chitarre, null'altro, a ricamare grovigli sonori l'una sopra all'altra. Nathan Bell (ex Lunghfish) e Dave Heumann (lui degli Arbouretum) giocano a completarsi vicendevolemente ed a incantare con un dedalo di accordi. Una folgorazione. Ritmi sostenuti e americani, reminiscenze di tempi che furono, fino ad arenarsi nella laconica "Darker Waters", pozza di torbide acque chete, appena venate di una certa malinconia. E via di nuovo per sentieri cosparsi di sabbia, che poco si confanno allo stato del Maryland di cui il duo è originario. Il congedo, seppur suggestivo, ha un vago sapore post-rock che stride un po' con il terreno battuto finora.

Totale mancanza di direzionalità. Poche variazioni, ma suoni che scivolano dolcemente sotto pelle e inducono un torpore quasi rassicurante. Musica che sommessamente porta ad uno stato di trance in cui non si può far a meno di battere il ritmo, prigionieri della melodia che si ripete.

L'orlo sottile che separa bluegrass e desert rock, distorsioni che ravvivano il colorito della tela.
"Something to listen to when in city transit, hovering, pondering or mating", dicono loro.  Ma perché non anche seduti davanti allo stereo, a lasciarsi ipnotizzare dalla danza di questi accordi?

Carico i commenti... con calma