Se chiedessimo ad un cultore della musica italiana chi sono i Giganti risponderebbe senza nemmeno pensarci: quel complesso beat che negli anni sessanta ha fatto "Mettete dei fiori nei vostri cannoni".
La stessa domanda rivolta ad un appassionato straniero avrebbe come risposta: il gruppo progressive che ha inciso "Terra in bocca".
Entrambe le risposte sono giuste, il noto complesso italiano, famoso per le armonie vocali caratterizzate dalla profonda voce da basso del batterista Enrico Maria Papes, fu artefice nel 1971 di un disco straordinario che segnò la fine della loro carriera. Era un concept album sul tema della mafia, con le facciate occupate da due lunghe suite divise ognuna in sei capitoli, che narrava la storia (scritta da Piero De Rossi) di un contadino ribellatosi alle famiglie dei potenti che hanno il monopolio dell'acqua nel suo piccolo paese siciliano. Riuscirà a trovare l'acqua per tutti ma solo dalla fossa scavata per sotterrare il figlio ammazzatogli per ritorsione.
Già la copertina nello stile Cramps, l'etichetta alternativa fondata da quel grosso personaggio che era Gianni Sassi, ci avverte che c'è qualcosa di nuovo nei Giganti: la foto del gruppo attaccata alla scarpa di un cadavere steso a terra con l'altro piede scalzo. E lo stesso sottotitolo del disco, "Poesia di un delitto", marchia come scomoda un'opera che resterà boicottata dopo la sua pubblicazione e che per certi versi causerà lo sfascio del gruppo che già nel 1967 fu censurato per la canzone "Io e il Presidente".
I Giganti era soprattutto un gruppo di cantanti, tutti potenzialmente solisti e in questo album ricorrono a degli amici per riprodurre la complessità musicale dell'opera, cosicché ognuno avrà un "doppio". Il bassista Sergio De Martino, che è il cantante guida, è affiancato da Ares Tavolazzi degli Area, il chitarrista Mino De Martino dal bravo Marcello Della Casa del gruppo Latte e Miele, il batterista Enrico Maria Papas da Ellade Bandini, il tastierista Checco Marsella dal maestro Vince Tempera. E la musica? La prima suite si apre con veloci fughe di tastiere e aperture con il mellotron tipiche del progressive, ma ben presto si rivela l'anima di questo disco: la canzone italiana che rende l'atmosfera molto particolare alle nostre orecchie per il connubio abbastanza strano tra due forme d'espressione lontane in quegli anni.
Lungo e disteso t'hanno trovato
Con quattro colpi piantati nel petto
A tradimento t'hanno sparato
Senza neanche darti il sospetto
E siamo pronti a seguire questa storia in musica fatta di momenti riusciti e altri meno, con sequenze alternate di cupo progressive tastieristico e melodie vocali alla (chiedo venia per la citazione) Neri per caso, come il ritornello "Tu pieno di sole/ lei bianca di sale" che ritorna ciclicamente per tutto il disco. Armonie condotte soprattutto dalla splendida voce di Sergio De Martino, mentre il caratteristico vocione di Papes è poco utilizzato come solista se non per i pochi intermezzi narrati.
Un disco che ha avuto una storia difficile: in pratica subito boicottato e poco compreso dai fans disorientati dalla mancanza di vere canzoni, finì nel dimenticatoio anche in seguito allo sfaldamento del gruppo. Le successive ristampe in compact disc del 1989 e 1993 da parte della Vinyl Magic hanno sempre presentato qualche differenza rispetto all'originale. Nel 2000 è stato invece ristampato dalla benemerita Akarma, sempre attenta al fenomeno progressive degli anni settanta.
E questo è un progressive particolare, molto meno derivativo da quello inglese ed esaltato dal connubio con la tradizione della canzone italiana d'autore. Riscopritelo.
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