Sarò onesto, dopo aver ascoltato Electricity degli Ibibio Sound Machine non ho potuto che esclamare: “Era ora”. Terminata la sbornia post-dubstep (ma mi verrebbe da dire post-tutto), lasciate alle spalle alcune sperimentazioni pretenziose, questi anni Venti del Terzo Millennio si stanno distinguendo per una maggiore concretezza dal punto di vista musicale. È bello scoprire delle band per le quali il ritmo e la club-culture hanno ancora un significato e gli Ibibio Sound Machine rientrano proprio in questa categoria.

Il gruppo inglese guidato dalla carismatica Eno Williams è giunto alla quarta fatica, la terza pubblicata dalla Merge Records. Per l’occasione ha scelto di collaborare con gli Hot Chip, che hanno contribuito generosamente al mix di rock, elettronica e afrobeat di Electricity. Con risultati, va detto fin da subito, assolutamente positivi.

Il singolo “Protection from Evil” è un ottimo biglietto da visita e non a caso è collocato all’inizio della tracklist. È una sorta di bignami, al cui interno troviamo molti elementi di Electricity: le sonorità à la LCD Soundsystem, l’attitudine sfrontata, i riferimenti etnici del testo, scritto in inglese e Ibibio (lingua parlata da Eno Williams, nata a Londra ma di origini nigeriane).

Le strizzate d’occhio alla madre Africa sono presenti anche nella strumentazione: chitarre, percussioni e flauti dal sapore 70’s rimandano al sound del “continente nero”, ma tutto viene frullato in un calderone globalizzato e multiculturale, dove il funk incontra la new wave, Grace Jones e persino la house degli anni Novanta (è il caso di “Wanna See Your Face Again”, uno dei brani più trascinanti dell’album).

L’impegno di musicisti e produttori è notevole, ma quello della cantante Eno Williams non è da meno. La sua voce è capace di notevoli modulazioni, che la portano dallo spoken word di “Protection from Evil” a “Afo Ken Doko Mien”, in cui ripete le stesse parole per l’intera durata del pezzo, accompagnata da cori e da un tappeto ambient sospeso. La sua personalità si esprime alla perfezione in “All That You Want”, incursione nella disco che ne enfatizza la potenza vocale, oppure in “17 18 19”, scatenato punk-funk vicino alle atmosfere di Remain in Light e Nightclubbing.

La band non tira il freno a mano nemmeno nella seconda parte dell’LP: qui troviamo “Truth No Lie”, a metà strada tra i New Order e il dub giamaicano, il tripudio percussivo di Oyoyo” (mentre la ascoltavo mi sentivo proiettato in uno scenario simile a quello della copertina di Sextant di Herbie Hancock) e “Almost Flying”, suggestiva e smaccatamente 90’s, soprattutto per certe tastiere pulsanti che ricordano la dance di quel periodo (da non sottovalutare lo splendido crescendo).

La conclusiva “Freedom” si avventura in territori techno e sottolinea, ancora una volta, la liberazione a cui possono portare il groove e la danza. Ulteriore esempio di quell’anarchia tipica degli Ibibio Sound Machine, che non si traduce in disordine, ma in volontà di esplorare le numerose sfumature della musica da ballo, senza limiti spaziali o temporali.

Certo, Electricity potrà risultare derivativo per alcuni, ma è un lavoro che sprigiona un’energia incredibile e ci insegna una lezione importantissima: è necessario tornare all’essenza delle cose, all’immediatezza, alle vibrazioni positive. In definitiva, all’arte che emoziona con semplicità, senza essere forzatamente difficile perché i tempi attuali lo sono altrettanto.

Let me speak from the heart, without love/There's no, no, no electricity”, canta Eno Williams. Come si fa a non essere d’accordo?

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