Il gigantesco punto di domanda che troneggia sulla copertina di questo disco potrebbe essere una reazione a ciò che pubblica un sito che si vorrebbe autorevole, secondo il quale "Colpo di Coda" dei Litfiba sarebbe il migliore esempio di hard rock "mediterraneo" (aggettivo buttato lì, tanto per non usare "italiano"): viene, infatti, da chiedersi come si possa avere la pretesa di scrivere la storia del suddetto genere e dimenticare che in Italia sono stati prodotti album di tutto rispetto come "Sirio 2222" dei Balletto di Bronzo, "La Bibbia" e "Io come Io" dei Rovescio della Medaglia, "Dies Irae" dei Formula 3 (che, per quanto commerciali fossero, sapevano picchiare duro con la loro psichedelia venata di hard blues), fino ai lavori di gruppi minori e comunque interessanti ("Francesco, ti ricordi" degli Atlantide, per esempio), o certe cose molto belle degli anni '80 (Elektradrive, Gow...).

Il punto di domanda, invece, esprime solo la confusione del periodo più travagliato della vita di un altro gruppo che per l'hard rock nostrano ha fatto davvero tanto, i New Trolls. Succedeva, intorno al 1973, che i due leader del gruppo, Vittorio De Scalzi e Nico Di Palo, non andassero più d'accordo su nulla, spezzando la band in due tronconi ognuno dei quali voleva accaparrarsi il fortunato marchio di fabbrica. Davanti ad una salomonica sentenza del tribunale di Genova, che vietava ad entrambe le fazioni l'uso del nome, De Scalzi aveva aggirato l'ostacolo fondando con lo storico bassista Giorgio D'Adamo gli "NT Atomic System", dove tutti sapevano per cosa stesse la sigla "NT" (e di fatti, con l'album "Tempi Dispari" del 1974, De Scalzi avrebbe usato senza farsi tanti problemi il nome per intero). Dall'altra parte restavano i rimanenti membri dei New Trolls, ovvero, oltre a Di Palo, il tastierista Maurizio Salvi, il bassista Frank Laugelli e lo storico batterista Gianni Belleno, con un album già pronto per la pubblicazione ed indecisi sul da farsi. Con una certa signorilità, il gruppo sceglie di trincerarsi dietro l'enigmatico simbolo in bianco e nero (un discreto esempio di design, fra l'altro), pubblicando "Canti d'Innocenza, Canti d'Esperienza", uno dei più intensi lavori hard rock mai usciti dalla nostra terra.

L'impostazione concept dell'LP si ispira solo marginalmente al capolavoro di Blake, delineando invece i concetti di "innocenza" ed "esperienza" tramite la descrizione di alcuni personaggi (la signorina attempata e un po' fuori dal mondo, la figlia di Nico, un uomo anziano) o esperienze di vita (la tossicodipendenza, le relazioni extraconiugali). Per quanto, comunque, i testi siano interessanti e mai banali, è la musica a far da padrona, intensa, dinamica, originale. Musica sicuramente registrata e missata con i piedi, così come la maggior parte delle produzioni Fonit dei tempi (si prenda, su tutti, lo splendido "Palepoli" degli Osanna): nel brano di apertura, "Innocenza, Esperienza", si sente addirittura Nico Di Palo sbagliare l'attacco al canto, quasi che il brano fosse registrato in presa diretta e il tutto pubblicato in fretta e furia. Eppure, lo stesso brano mostra già le qualità dell'album: il riff granitico ed epico, le accelerazioni dinamicissime e precise, la voce di Di Palo in piena forma (soprattutto sulle tonalità acute). L'hard rock torna in gran spolvero anche nell'aggressiva "L'amico della porta accanto", storia di droga narrata con furia in un brano muscoloso e cupo, sostenuto da riff efficaci, complessi e monolitici, quasi un incontro fra i Deep Purple e i Black Sabbath con un'interpretazione vocale tormentata e che teme pochi paragoni (viene da chiedersi che impatto avrebbe avuto un chitarrista/cantante del calibro di Di Palo se fosse nato in Inghilterra: ai tempi Melody Maker arrivò ad annoverarlo fra i dieci migliori chitarristi al mondo). Nell'album c'è anche il tempo per un approccio più dolce, come nella breve ed intimista ballata "Simona" o in "Signora Carolina", brano che si apre con il gradevole intrecciarsi di chitarre acustiche sovraincise e le armonie vocali tanto care ai New Trolls e che, dopo un intervento neoclassico per pianoforte del prodigioso Salvi, cambia invece tono per sistemarsi a metà strada fra hard rock all'Urhia Heep ed una certa fusion (in particolare nell'assolo di tastiera). Una semi-ballad è anche "Vecchia Amica", dove sull'ottimo lavoro alla batteria di Belleno si distendono i giri della chitarra hendrixiana di Di Palo, che qui mostra anche la sua maestria negli assoli, ora tendenti all'hard rock, ora in stile più jazzato. Anche un episodio sicuramente minore come "Angelo Invecchiato" si ricopre, infine, di un certo valore, riuscendo quasi ad anticipare certe sonorità tipiche delle cose più tranquille dei Soundgarden.

Il nuovo progetto di Di Palo avrebbe poi avuto a sua volta una storia piuttosto tormentata, con i soli Di Palo e Laugelli a rappresentarne i membri stabili. Il primo a mollare, subito dopo la pubblicazione di quest'album, sarà Belleno, rimpiazzato da Rick Parnell in trasferta dagli Atomic Rooster. Per l'occasione, un referendum su Ciao 2001 troverà finalmente un nome alla band, che di lì in poi si chiamerà Ibis. Ma, come si suol dire, questa è un'altra storia.

In ogni caso, chi è desideroso di conoscere quale risposta si celi dietro al punto di domanda, può stare certo di trovare in "Canti d'Innocenza, Canti d'Esperienza" un album di qualità, intenso e convincente. Ai redattori di altri siti, invece, non resta che ripassare un po' di storia - e questo potrebbe essere un buon punto di partenza (e poi ci si chiede a cosa serva recensire gli album del passato...).

Carico i commenti... con calma