La mia prima recensione negativa, peccato che capiti proprio ai Siciliani Inchiuvatu, ma vorrei parlarne.
Autori di una nuova corrente musicale (la scena mediterranea) gli Inchiuvatu nascono dalla mente malata d’Agghiastru, influenzati non poco dalla scena black metal norvegese d'inizio anni '90. Purtroppo però con questo lavoro intitolato "Piccatu" il black norvegese me lo fanno pensare male.
Il disco parte con l'intro "Lustro" dov'è possibile ascoltare il vagito di un neonato (in questo caso Agghiastru) per poi lasciare spazio alla vera e propria prima canzone "Cunsumu" tutta cantata in dialetto, con un uso di voce poco utile e piacevole, fa ricordare il compianto John dei Dissection, ma non ha nulla a che vedere con un certo calibro. Le chitarre presenti in questa song dovrebbero emanare quel tocco black, lo fanno, ma abbastanza fuori tempo. Buon uso di batteria.
Poi arriva la title track "Piccatu", non è altro che la ripetizione dell'orrore trovato in precedenza: solito (e inutile) cantato in dialetto, solito ritmo eccetto pre-ritornello e ritornello dove chitarre e batteria sembrano aver una decenza. Molto particolare in questa canzone sono gli inserti di tastiera all'inizio, a metà canzone e a fine, accompagnata da una chitarra più melodica. Nella canzone inoltre, è possibile ascoltare un fastidioso suono di flauto (??!!?) e il già sentito (noiosissimo) vagito del neonato.
Con "Maleficu" già s’inizia a capire il punto debole del cd: non che sia ripetuto, ma ascoltandolo bene si capisce che la struttura musicale sempre la stessa è.
"Animacula" è la canzone più riuscita del CD, questa volta cantata decentemente almeno per un pò in italiano, intro molto originale aperto da suono di flauto e tastiera, e poi di nuovo (a mio avviso) la fastidiosissima voce d’Agghiastru sorretta da un'altra femminile. Si salva nella traccia la melodicità che prende la canzone che fa tanto ricordare la musica tradizionale sicula prima di buttarsi nei prossimi inutili minuti di black metal made in italy.
Sempre la stessa pasta in "Vattiu", intro carino, ritmo di strofa mostruosamente già utilizzato, Agghiastru. Si respira aria di cambiamento in "Ciuri Sacrificatu" davvero bella, la tastiera e la misteriosa voce femminile fanno una canzone dall'inizio oscuro che poi sfocia nel devastante black metal dei siculi. Forse questa canzone mi piace solo perchè una metà è molto originale, l'altra solo ripetuta senza variazioni.
Inutile parlare di "Eva" (potrebbe far diventare ripetitiva anche la recensione). Chiude "Curù" pezzo intrigante, suono di pianoforte e un Agghiastru che ancora una volta non rinuncia al dialetto ma che mi sorprende tanto: la sua voce ha un piccolo pregio, è piacevole sentirlo cantare in modo placido e normale. Poi a fine canzone di nuovo quel noiosissimo vagito del neonato.
Parliamo anche della copertina poiché ci siamo: raffigura un edificio nella parte centrale superiore, poi c'è scuro sotto, con un'inquietante bambola che lacrima sangue, orrida. Si salva il logo del gruppo, molto originale.
In conclusione, ripeto che il cd mi ha delusa parecchio, alla notizia che storceva l'occhio al freddo black norvegese mi sono esaltata, ma poi ascoltandolo ho perso le speranze.
La voce d’Agghiastru per me è fastidiosissima, non delle migliori, l'uso degli strumenti è pressoché buono, il cantato in dialetto a lungo andare stanca (e chissà forse anche al primo ascolto), capisco l'attaccamento alla terra, ma cantare proprio tutto in siculo è esagerato, si faceva in italiano almeno si capiva qualcosa, però è stata una buon’idea cantare in dialetto nel black.
Forse sono io che non riesco a digerire questo cd, gli metto una stella (*) perchè l'unica cosa buona (oltre l'idea del dialetto) è l'inserto di tastiera e flauto che, grazie agli stacchi folk che riescono a creare durante cavalcate black metal, ci fanno ben ricordare la musica tradizionale della bella regione d'Italia. I testi invece s’incentrano su quella che è stata l'infanzia del nostro eroe Agghi e delle usanze tradizionali sicule (si veda Cunsumu).
Io sinceramente preferisco la scuola norvegese, magari dopo l'ascolto di questo cd, ripagarmi con "Transilvanian Hunger" dei Darkthrone.
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Di STAYPOWER
Finalmente un disco black che non è fatto con lo stampino, finalmente un disco black che si riesce a distinguere dalla prima all’ultima nota.
Un black che prepotentemente irrompe fra gli anacronistici ghiacci del nord inesorabilmente destinati a squagliarsi sotto un sole infernale.