Ottava prova sulla lunga distanza degli statunitensi Incubus, "8" arriva a sei anni dall'ultimo (piuttosto debole) full lenght "If Not Now, When" e a due dal buon EP "Trust Fall (Side A)".

I lavori per il nuovo disco iniziano nel 2015, quando la band inizia a comporre con l'intenzione di dare un "lato B" al suddetto EP. Ben presto Brandon Boyd e soci si rendono conto della produttività delle sessions, quindi il piano originale viene annullato e si opta per proseguire con l'intenzione di mettere insieme un nuovo disco completo.

Viene scelto come produttore Dave Sardy (noto principalmente per aver prodotto gli ultimi, ottimi due lavori in studio degli Oasis), ma ben presto si palesa la curiosa possibilità di lavorare con Sonny Moore, maggiormente noto come Skrillex, guru della dubstep. Srillex inizia quindi ad operare un intervento aggiuntivo sulla musica composta e prodotta fino a quel momento, ed il risultato è proprio questo nuovo "8".

Musicalmente l'opera si frappone in una particolare terra di mezzo tra due dei lavori più fortunati del combo statunitense, quel "Morning View" che, con la sua svolta verso un alt rock melodico ed incisivo, li fece definitivamente esplodere a livello mondiale, ed il cupo e bellissimo "A Crow Left Of The Murder", più oscuro e filo grunge.

Il lavoro di Skrillex risulta meno incisivo ed invasivo rispetto alla precedente collaborazione dell'artista con i Korn di "The Path Of Totality", e si palesa semplicemente in una maggiore compressione dei suoni ed una minore ariosità delle melodie della band ("8" è comunque un album dove non sono presenti singoli clamorosi alla "Are You In?" o alla "Love Hurts", e non necessariamente è un male).

L'opener "No Fun" è un travolgente grunge tutto giocato su chitarre abrasive e la solita, cristallina vocalità di un Boyd sempre in forma invidiabile. Il primo, ottimo singolo "Nimble Bastard" è qui presente in un mix diverso, più compresso ed essenziale (evidentissima la mano di Skrillex, che oltretutto co-firma come autore cinque tracce). Successivamente l'album si rivela un altalena tra pezzi più aggressivi e arrabbiati (l'ottimo secondo estratto "Glittterbomb", "Love In A Time Of Surveillance" - molto Audioslave prima maniera) e numeri maggiormente riflessivi, che lasciano traparire la sofferenza del frontman per la fine della sua storica relazione.

Tra questi pezzi troviamo le cose più interessanti: "State Of The Art" è una splendida e calibratissima ballad in pieno stile Incubus era "Morning Wiev", forse l'unico potenziale singolone di "8". "Undefeated" e "Loneliest", non a caso poste a metà, rappresentano l'anima più morbida e sommessa del lavoro. "Familiar Faces" è un vitale pop rock sulla falsariga della vecchia "Black Heart Inertia", mentre "Make No Sound In The Digital Forest" è sinuosa e dilatata.

L'album si chiude con la splendida "Throw Out The Map", che aggiunge ricchezza alla propria struttura e ribadisce, se ce ne fosse ancora bisogno, la bravura degli Incubus nel costruire pezzi rock che coniughino ricnonoscibilità e complessità senza risultare banali.

In definitiva un buon ritorno questo per la band statunitense, che prova così a rinvigorire il proprio sound senza tradire la sua identità sonora ormai pienamente raggiunta.

Traccia migliore: Throw Out The Map

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