Siamo a Caserta nel 1976. Il Johnny del titolo si chiama in realtà Fausto Ciaramella (l'esordiente Antimo Merolillo), un giovane artista dal look davvero strano: pensate che gira per la sua città portando ai piedi un bel paio di dopo sci dal lungo pelo bianco... E non siamo nemmeno in inverno... Comunque, il ragazzo è chitarrista (ma sarebbe meglio dire "tutto fare") di un'improbabile orchestra che suona per lo più nelle feste di paese. A dirigere tale orchestra è il bidello-trombettista "Maestro" Falasco (un Toni Servillo panciuto, unto e bisunto), il quale apre le serate col botto suonando il "silenzio"...

Sul futuro prossimo di Faustino incombe il servizio militare ma egli è figlio unico di madre vedova (una bravissima Lina Sastri, la madre che tutti vorremmo avere...). Un regolare contratto di lavoro gli garantirebbe il congedo... Raffaele Niro (Ernesto Mahieux), manager-trafficone dell'orchestrina di cui sopra e personaggio chiave della saga contrattuale di Faustino, promette ma non mantiene (e figuriamoci se paga...).

La placida vita di questi personaggi viene "sconvolta" dall'arrivo di Augusto Riverberi (il Bentivoglio), famoso pianista milanese ed ex moroso di Ornella Vanoni. Arriva a Caserta per suonare ovviamente, ma a organizzargli la tournee è lo stesso Niro, quindi guai in vista... Faustino viene ingaggiato inizialmente come "tutto fare" ma si ritroverà in seguito ad accompagnare il Riverberi con una fiammante Les Paul, diventerà suo amico e condurrà, anche se per poco tempo, uno stile di vita in linea con le proprie ambizioni... Oh, nel gruppo c'è anche un Crooner di nome Gerardo Comino (un Peppe Servillo coi capelli), ribattezzato per l'occasione Gerry Como. Gerry ha un solo desiderio: mandare moglie e figlia in vacanza al mare per qualche giorno (che tenero...).

Esordio alla regia di Fabrizio Bentivoglio, "Lascia Perdere, Johnny!" non è un film originale. L'eroe e narratore della vicenda è sulla linea d'ombra dei diciott'anni: spaesato, confuso, sempre in bilico fra illusioni e delusioni e in balìa degli adulti dei quali riesce ad apprezzare i pregi e a tollerare i difetti... Cose già viste e sentite, certo, ma il quadro è convincente, per una volta il finale non è dolce-amaro e non è difficile entrare in sintonia con i personaggi: discorso diverso per qualche macchietta e per il suo bravo tormentone, per esempio il Niro e il suo "the show must come on", tormentone non così ricorrente da risultare però fastidioso... Son buone anche la colonna sonora, la fotografia e la direzione degli attori.

Se proprio devo trovare un difetto, ebbene cito lo stesso difetto che ho riscontrato in altri film italiani simili a questo, per esempio "Ovosodo" e "My name is Tanino" di Virzì: ottima la caratterizzazione del contesto sociale e culturale in cui i protagonisti si muovono, scadente il finale. Qui il finale andava sviluppato meglio, la tensione che vi si crea è in netto contrasto col registro umoristico usato in precedenza ed è di durata troppo breve...

Comunque, in definitiva una pellicola divertente... Ah, per i maniaci dei voti, beh, credo che dovrei dare tre stelle, ma la parrucchiera-presentatrice Annamaria (Valeria Golino) è bellissima e allora le stelle diventano quattro...

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