Realtà tutta danese, questi Iron Fire mi garbano non poco.
Vengono classificati come band “power metal” ma di power me(rd)tal, almeno io, ne sento poco. Più che altro riscontro molto influenze maideniane e di tutte quelle band che hanno reso grande un genere quale quello della NWOBHM, Judas Priest su tutti. Lo spettro degli Helloween si sente, ma non della band che oggi, vive grazie ad un polmone d’acciaio, ma dei primi Helloween, quelli di “Walls Of Jericho” e dell’era Hansen-Kiske (specie nei solos), nonché si odono ulteriori sprazzi di Running Wild. Insomma, tanto per capirci: vi piace l’heavy? C’è. Vi piacciono i riffoni thrash? Ci sono. Vi piace lo speedy? C’è pure quello. Quando ascoltate gli assoli eseguiti al fulmicotone, limpidi e melodici avvertite un senso di eiaculazione precoce? Eiaculerete. Odiate i singer con la voce bianca, quelli castrai, gli eunuchi che tentano, invano, di emulare Kiske e Dickinson? Allora amerete gli Iron Fire, perché, in sostanza, sono tutto quello che il power metal non è.
Sono veloci, forse non saranno eccessivamente tecnici (ma chi se ne frega!), ma il fatto loro lo sanno.
Purtroppo io sto giudicando la loro terza uscita che, a dir la verità, sembra davvero studiata bene, ottimamente cantata, suonata e battezzata, pronta per essere posta sul mercato ed essere divorata dai fan. Insomma: c’è tutto, controcazzi compresi.
E, allora, che si dia pure inizio alle danze con la speedy “The Final Crusade”, dove i nostri ci mostrano subito i gioielli di famiglia con una prestazione mostruosa di tutta la band, singer compreso (davvero bravo ‘sto ragazzo….). Si prosegue con ottime tracks di pure heavy-power (sempre termine da prendere con le pinze, perché power lo intendo come “potenza” e come “velocità”), il tutto sapientemente “farcito” con degli ottimi riffoni che molto devono al caro thrash anni ’80. Insomma… ce n’è per tutti.
Le melodie di “Warriors Of Steel”, la rocciosa title track, la monumentale “Raise Of The Raimbow” (introdotta da una chitarra folkeggiangte che poi esplode in tutta la sua furia in un’ottima song adiacente ai lidi più heavy oriented) vi faranno davvero tremare. Ottime hit song che non mancheranno di stupirvi.
Pezzi leggermente sotto tono sono le monotone e scontate (molto power… e quando dico power intendo proprio quel maledetto e dannato power metal) “The Battle Of Freedom” (che nell’intro mi ricorda molto gli Hammerfall… il che è tutto dire… fortunatamente, poi, si distacca dai Cans e soci. Ah, già… tanto per la cronaca…. davvero bellissimo l’assolo) e “The Glory To The King” (questa davvero cagosa, che ricorda, invece, gli Hammerfall nel titolo…. Bleah!).
E, come regola docet, eccoci giunti alla ballatona di turno “Angel Of Light” che, per fortuna, non si dimostra la solita ballad monotona e scontata, dal sapore mieloso tale da farti schizzare la glicemia alle stelle e farti venire un attacco di diabete. La ballata è davvero molto ben strutturata, e scorre che è un piacere. Introdotta da un’armonica (ebbene si!) riesce a riportare alla mente la vecchia NWOBHM tanto cara, tanto devota e tanto andata….. molto bella la prestazione del singer Martin Steen che non si scompone mai, sempre sugli scudi.
Altro da aggiungere non ne ho. Forse una cosa…. I titoli delle song. Un “tantino” di “maturità” e meno “infantilità” nella scelta degli stessi avrebbe reso maggior giustizia al disco. E poi…. Poi c’è quella porcata di copertina, tamarra e demenziale che ricorda gli ancor più tamarri e demenziali (devo proprio nominarli di nuovo?) …. Hammerfall (è praticamente e spudoratamente identica a “Glory To The Brave”.. ma che cazzo! Un minimo di originalità non avrebbe fatto davvero male!). Ma, come si dice, dalla vita, a volte(molte volte), non si può avere tutto…..
60 minuti, circa, di ottimo heavy-power di ottima fattura.
Ascolto, fiducia e chance decisamente meritate. Tutte.
Au revoir!
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