E' il 1982 e gli Iron Maiden, uno dei più importanti gruppi metal di sempre, dopo l'estromissione dal gruppo per motivi ignoti di Paul Di'Anno, loro ex cantante, pubblicano il loro terzo album, il più noto; disco sicuramente molto particolare, introverso, apprezzato e cosiderato all'unisono da pubblico e critica il miglior lavoro del quintetto londinese: l'album in questione è "The Number of the Beast". Con la sua pubblicazione gli Iron Maiden conquistano definitivamente il grande pubblico accumulando consensi, successo e tanti premi. . . non meritati! "The Number of the Beast" infatti non fa altro che considerare ed esaltare le parti peggiori dei due dischi precedenti "Killers" e "Iron Maiden" che comunque mantenevano sempre un buon livello dal punto di vista compositivo, senza mai cadute di stile. Invece "The number of the beast" alterna buoni brani (pochi) a tracce orribili che fungono da cosiddetti "brani riempitivo".

Il disco comincia con "Invaders": sarebbe stato impossibile ipotizzare un inizio peggiore!La canzone si offre (non riuscendoci) di invocare delle ipotetiche invasioni di esseri mostruosi. una canzone orrenda, assolutamente inascoltabile e priva di senso, e non è assolutamente l'unica cosa orribile che si trova nell' album! Ma andiamo con ordine. Segue "Children of the damned", e la situazione, per nostra fortuna, migliora radicalmente; pezzo valido sia dal punto di vista melodico sia da un punto di vista tecnico; bello, veramente bello. L'unico problema di questo pezzo è quello di non svolgere in "The Number of the beast" quello che una "Remember tomorrow" o ancora meglio una "Phantom of the opera" (anche se melodicamente e armonicamente sono due pezzi completamente differenti) svolgevano in "Iron Maiden". Infatti in "Children of the damned" c'è poca sperimentazione, poco spazio a riff ed assolo; qualche minuto in più di musica, come la sanno fare gli Iron Maiden, non avrebbe annoiato, anzi avrebbe "completato" una perla rara come questa che poteva diventare un vero e proprio capolavoro.

Segue "The prisoner", seconda fregatura dell'album (anche se non patetica come "Invaders"), canzone sgradevole, inutile e con un testo ridicolo sulla quale non mi voglio soffermare più di tanto. Alla quarta traccia troviamo "22 Acacia Avenue" altro "quasi capolavoro" del disco. Attacco iniziale di chitarra particolarmente coinvolgente, bel testo, tanta energia e potenza e il gioco è fatto! Un grande pezzo al quale però manca qualcosa per essere considerato un capolavoro. La quinta traccia, la title-track, è un discreto pezzo senza infamia e senza lode, cronaca di un sogno demoniaco fatto da Steve Harris (bassista degli Iron Maiden). Anche in questo caso gli Iron Maiden non esagerano in originalità, infatti il satanismo è sempre stato nell'iconogafia rock/metal; c'era davvero bisognio di ribadire tutto per l'ennesima volta dedicando addirittura un album al gia molto citato numero 666? E poi, lasciatemelo dire, il satanismo non ha davvero senso!dopo questa piccola parentesi, tornando all'album, seguono tre pezzi osceni e inutili, al livello di "Invaders": "Run to the Hills", "Gangland" e "Total Eclipse" e a questo punto l'album ha veramente toccato il fondo; e neanche un capolavoro come "Hallowed be thy Name" potrà ormai alzare il suo livello. è cosi che si conclude il tutto, con il capolavoro dei capolavori, una delle migliori traccie mai composte dagli Iron Maiden in tutta la loro carriera, che dire? Geniale! Nient'altro, è inutile che sprechi altre parole per dire quello che si puo riassumere in una. Geniale! A giusto, il disco, quasi dimenticavo, di fronte a certi capolavori il resto è inutile e tende a svanire. . . che dire? un disco in cui più della meta dei brani non raggiungiono il voto 2 (e non stelle due su dieci!) non puo essere sufficiente anche se, come in questo caso, contiene tre trai piu bei episodi mai incontrati nella storia del metal

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