”Se potessi esprimerlo con le parole, non ci sarebbe nessuna ragione per dipingerlo”
Edward Hopper potrebbe essere l'autore perfetto per dipingere il disagio dei nostri giorni, Automat ne è la prova. Una donna siede a un tavolino isolato in un locale deserto, persa con lo sguardo in una tazzina di caffè. Un'esistenza sospesa, uno spazio fisico e psicologico frammentario e sfuggente dove un senso di rassegnata solitudine e lacerante nostalgia assale l'attento osservatore. Arterie metropolitane di notte, distributori di benzina abbandonati, strade spazzate dal vento, scorci di vecchi binari, motel fatiscenti, quell'America narrata in seguito nelle pellicole di Robert Altman e cantata da Springsteen in Nebraska, quella dei paesaggi rurali e urbani accomunati da un trasversale disagio dell'anima, quella del sogno naufragato nelle mille contraddizioni è l'elemento centrale nelle opere di Hopper. Questa storia però non riguarda l'America anche se quest'ultima ha giocato un ruolo importante.
Mancano un paio di mesi al Natale del 1985 e la londinese Siren Records, etichetta satellite della Virgin, decide di mandare John Campbell e Jarvis Whitehead, affiancati da Jerry Harrison dei Talking Heads, nella gelida Milwaukee per avviare le registrazioni di "Driving Away From Home". L'etichetta discografica in un primo momento aveva scelto David Byrne, subito scartato perchè a quel tempo totalmente immerso nei progetti cosmici di Eno.
Dicevo, siamo negli States a Milwaukee e il motivo di questa traversata oltreoceano è quello di conferire al pezzo una sezione ritmica country-western, una canonica impronta road song americana. Campbell e Whitehead sono d'accordo con l'idea ma non del tutto: per il western mood ok, ma vogliono metterci qualcosa di britannico, stivali e cappello da cowboy ma seduti in una sala da tè a bere dell'ottimo Earl Grey rigorosamente macchiato con un quinto di latte. Viene registrata una prima versione, poi pian piano la sezione ritmica assoldata da Jerry Harrison con dei bravi musicisti di Nashville viene messa diplomaticamente alla porta. L'avventura americana porta sul multitraccia le parti di batteria, quelle di tastiera ad opera dello stesso Jerry ed infine la parte più importante, come sopra preannunciato e presto qui svelato.
Una delle ultime sere del loro soggiorno a Milwaukee John, Jarvis e Jerry, decidono di andare a bere qualcosa allo Skylight Bistro. Classico locale americano, poco illuminato, con un piccolo palco, quel giorno ospita una blues band. Nel bel mezzo dello stage uno dei musicisti, riconoscendo un volto familiare tra il pubblico, urla: "Oh, abbiamo sentito che Jim è in città". Di lì a poco Jim Lieber sale sul palco e porta l'armonica alla bocca. Per John e Jarvis ci vuole un battito di ciglia, dopo essersi guardati negli occhi, per capire che è proprio quello di cui avevamo bisogno.
C'è un pezzo di noi in ogni persona che incrociamo nella nostra esistenza e viceversa.
Un mosaico perfetto dove ogni individuo ha la sua tessera, tutti concorrono a svelare il quadro completo. Una tessera importante nella vita di John e Jarvis l'ha avuta Lieber che la mattina seguente registra un paio di piste con la sua magica armonica per poi partire subito per Nashville. Chissà se è più ritornato a Milwaukee, forse era lì solo per un appuntamento col destino.
Gennaio 1986, gli It's Immaterial ritornano a Londra e si chiudono in studio di registrazione con il loro produttore Dave Bates per realizzare una nuova versione di "Driving Away From Home". Bates recluta anche Dave Bascombe, particolarmente colpito dall'ottimo lavoro realizzato in Songs From the Big Chair dei Tears for Fears. Bascombe ritiene la traccia eccellente, apportando nonostante tutto qualche modifica alla batteria, (una cadenza comica, alla Benny Hill Show a suo dire) e introducendo una cantante della scuderia Sirens, una certa Merran Laginestra. Della struttura iniziale è rimasto ben poco, tanto che Jerry Harrison ha chiesto esplicitamente di eliminare il suo nome dalla lista crediti.
La nuova versione editata al civico 363 di Kensington Street ha qualcosa di magico, si avverte, lo capiscono sin da subito tutti gli addetti ai lavori. Tanto per iniziare è rimasta, come negli intendi iniziali, una canzone on-the-road. Qualcosa di spettrale nelle maglie psycho-country si insinua e scorre fluida per tutto il pezzo, asfalto gelido per chilometri fino a Newcastle e forse oltre [semi cit.] Qui ritroviamo Edward Hopper e le sue "autobiografie spirituali", gelidi paesaggi urbani, universi metropolitani uguali e paralleli a quelli di Campbell e compagni.
In ogni città qualcuno a cui rivolgersi, qualcosa da vedere, basta solo appoggiare forte il piede sull'accelleratore e guidare, guidare lontano da casa, forse per un senso di libertà o forse per fuga, da un posto o da se stessi. Campbell passa in rassegna i luoghi della sua vita, uno dove poterci vivere, quello dove c'è un negozio in cui ci trovi tutto, ma proprio tutto e quello con l'aria pulita, lontano dalle fabbriche di fumo. Tutti qui, in sequenza, scorrono sulla M62 in un viaggio che pare non voglia finire mai. Anche l'Inghilterra come gli States hai i suoi distributori di benzina abbandonati, le sue strade spazzate dal vento, i suoi motel fatiscenti, paesaggi geografici e luoghi dell'anima.
Questa seconda versione del brano è così caratterizzata dagli accenti armonici di Lieber che al nome del brano viene incollata l'appendice "Jim's Tune". Il clamore degli It's Immaterial sembra incessante dopo il botto di "Driving Away From Home" Una singolare ed originale outsider che per uno scherzo del destino si trova a scalare le classifiche, arrivando fino alla 18a posizione nel Regno Unito.
Ci ha pensato la Virgin a rovinare tutto agli It's Immaterial in primis e di riflesso a se stessa. La major taglia i fondi pubblicitari al disco, convinta che avesse già gambe robuste per camminare da solo. Primo errore. Poi sottovaluta il mercato, proponendo un numero di copie del disco nettamente inferiore alla richiesta. Insomma, altri duecentomila individui che vorrebbero il disco rimango fuori dal negozio con i soldi in mano. Secondo errore. Fatale.
"It’s only thirty nine miles, And forty five minutes to Manchester"
Non sono più arrivati nelle top ten delle chart britanniche, non saprei neanche se sono arrivati a Manchester, spingendosi magari fino a Newcastle o Glasgow [semi cit.] , ma sono quasi quarant'anni che ad intervalli regolari salgo in macchina con loro. L'eco spettrale dell'armonica traccia la via. Si potrebbe guidare ad occhi chiusi, lontani da casa.
Per trenta miglia o più.
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