Dal documento ufficiale provvisorio lasciato aperto sul mio desktop, che si conclude con “attribuibile a ììììììì lla ,a” ho capito che lei sta male. Ha molti anni più di me e un segreto scoperto per una e-mail lasciata aperta sempre sul mio schermo, sotto il documento in questione. Ora che so cosa la fa soffrire, strappo un po’ di tempo alla chiusura della relazione (che finirò a notte inoltrata, dopo 12 ore di lavoro) e butto giù, più velocemente che mai, la prima impressione che m’è venuta in mente. Sempre la musica, corollario di ogni impatto frontale della mia vita, anche quando è altrui.
Ho pensato a un disco fesso, che però è quanto di più distante ci possa essere dal negativo che scava la fossa alla vita. Ho pensato che forse, questi fottuti americani che hanno tempo da perdere, possono talvolta suggerire una spensieratezza che non è propriamente felicità, ma solo assenza di turbative. Quelle che hanno convinto l’ultima ruota del carro dei GN’R in epoca d’oro, Izzy Stradlin, a lasciare il gruppo e farsi un bel pacco di cazzi suoi. Izzy fa cagare, Izzy conta quanto il due di mazze con la briscola a oro. Izzy di qua, Izzy di là. E poi Izzy se ne va e viene raggiunto il punto di rottura per il gruppo. Una frattura che non ha portato fortuna a nessuno. Ma ha liberato dall’oppressione axlerosiana il fumatissimo chitarrista che ha così potuto dare sfogo al suo scazzo. Perché lo suggerirei a lei? Perché mi ricorda la voglia di nulla che avevo quando stavo nelle sue condizioni io. Pensavo spesso “mo metto Izzy, mi fumo una mummia d’erba, schitarro qualcosa, scatarro rabbia e poi domani ci ripensiamo”.
Mi piace il piglio di Stradlin solista. Uno che sembra dire “ma chi cazzo ce la fa fare!”. In effetti, si potrebbe vivere di solo rock n’ roll, reggae, punk, country. Le principali influenze di questa release che prova a toccare momenti melodici dei Rolling Stones e di Bob Mallo, che prova ingenuamente a sfuriare con la cresta alta e a cantare menestrellame delle terre del cotone. Il bello è che lo fa senza intenti artistici evidenti. È più una specie di chillouting fancazzista e da straniamento. Buttare la vita così e bello, se pensi che puoi impegnarti come una bestia e svanire nel nulla in un solo giorno. È quest’aria da mezzo hippy fricchettone che vive alla giornata che traspare da una musica dove le chitarre elettriche cantano meglio della voce e la voce distorce più delle chitarre elettriche. È musica per una sbronza da birra che stai sempre col coso in mano e non pensi ad altro se non che alla buona compagnia. È musica che comune e presente che parla di un futuro comune. È una cazzata in fondo, ma ti porta esattamente – se sei un rocker – nel punto dove confinano gli effetti psicotropi e il down leggero. Non lo dico io, sta scritto sugli spartiti di questi animaletti del rock che non hanno avuto fama né fame. L’hanno fatto per santificare il proprio momento e consegnarlo a quegli sbullonati come me che in situazioni del genere guarda un po’ a cosa vanno a pensare.
La cosa buffa è che ci penso quando piscio a Izzy, forse uno dei momenti più liberatori della vita. Se musicalmente vale una sufficienza tonda, probabilmente platonicamente e/o freudianamente potrà valere qualcosa di più. È che sono solo convinto, che certo rock lo hanno fatto per farmi credere di essere quello che vorrei essere. Ma non sono. E neanche lei è. Preoccupiamoci.
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