Posto che esiste una sola razza, quella umana, al suo interno è possibile distinguere tante sottoclassi, o sottorazze, per farla breve. Ecco, tra le tante sottorazze che dividono a strati il conformismo umano, separandolo nelle più disparate e colorate delle personalità, ce ne sono tre ascrivibili tra le peggiori: chi compra i vinili, chi legge le recensioni rap sul Sentireascoltare e chi sente l’impellente bisogno di spiegare alla gente perché gli piace James Blake.

Voglio dire: sticazzi, no? È ovvio che la musica di James Blake ti piacerà: è musica melodica, d’amore, malinconica, cullante. Adesso ha pure i beat hip-hop prodotti da Metro Boomin, che è un po’ il Rudy Zerbi del rap americano, quindi, ecco, state tranquilli che della vostra opinione non frega un cazzo a nessuno, anche perchè chiunque ha un’opinione sulla musica di Blake, che va grossomodo dal è meravigliosa al ha una voce molto particolare.

James Blake tocca i tasti del pianoforte con una sensibilità da pachiderma esagitato, solo che non te lo fa credere. Si nasconde, dietro a una frangetta molto brit, si mostra discreto, ma in realtà ha capito come fottervi tutti. C’è da dire che qualche anno fa mi ha illuminato su quale fosse il canto di solitudine emesso dalle rotaie del treno quando sono innevate e avvolte da un freddo asettico e bastardo: per questo sempre lo ringrazierò. Ma io ho capito, adesso, ciò che vuole fare e ciò che non vuole dirci.

Diventare una specie di accessorio per rapper scarsi, ecco, questo poteva anche non farlo. È un po’ come dire che ti piace Kendrick Lamar e crederci così tanto da arrivare a scaricare illegalmente tutta la sua discografia: in un attimo, senza nemmeno sapere il perchè, sei diventato uno sfigato cronico.

Purtroppo, credo che la morte artistica di Blake giungerà, e avrà gli occhi di un eccitatissimo e dimenticato Fedez che chiederà, portafogli alla mano: “Hi James, how much a sad soul-step elegy costs?”

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