Ascoltando il debutto solista di Jarboe, si ha l'impressione che con questo lavoro la musa degli Swans abbia voluto dare libera espressione a tutte quelle pulsioni che non le era stato possibile sfogare in seno alla band madre.
Hip-hop, elettronica, industrial, litanie esoteriche, struggente cantautorato: le sonorità esplorate in questo "Thirteen Masks" (uscito nel 1992 e contenente registrazioni appartenenti a periodi diversi) sono decisamente le più disparate.
Ad amalgamare il tutto: l'innegabile carisma della cantante e i continui richami all'arte degli Swans. Anche perché, per la cronaca, in "Thirteen Masks" ci suonano membri degli stessi Swans, non escluso l'imprescindibile Michael Gira (compagno nella vita della stessa Jarboe), che partecipa in veste di produttore, musicista e co-autore di alcuni brani.
Da segnalare, infine, la partecipazione alle registrazioni di Jim Thirlwell (al secolo Foetus), una delle menti più feconde dell'universo industriale e già produttore dei primi album degli Swans.

E' tuttavia bene chiarire fin dal principio che non ci troviamo innanzi ad un album dei Cigni: "Thirteen Masks", spurgato dalle incommensurabili ossessioni di Gira, risulta piuttosto "orecchiabile" (aggettivo che va comunque tarato considerando gli artisti in questione) ed accostabile, piuttosto, ai lavori usciti sotto la sigla Skin (incarnazione eterea della premiata ditta Gira/Jarboe). E' la costola "metafisica" degli Swans che si sviluppa e che come una piovra stritola la fisicità del marito, senza perdere però i tratti paranoici e morbosi.

E proprio da un album degli Skin sembra uscire l'evocativa opener "Listen", che funge da brano di iniziazione. Un palese invito a penetrare nel mondo allucinato di Jarboe e percorrere la galleria di maschere dietro alle quali si nasconde la sua vera essenza: una dark-lady di tutto rispetto, forte, violenta a tratti, ma incredibilmente fragile e vulnerabile al contempo.
In questa sorta di schizofrenia che vede la cantante scissa in due, a tratti tenera fanciulla, a tratti furiosa-disillusa-alcolizzata-sensuale-fatale donna matura che se ne fotte di te e di chi te sei, sta l'altalenare degli umori di questa opera multicolore.

Un'opera in cui la cantante dimostra non solo di sapersi muovere nei contesti più diversi, ma anche di essere in grado di reinterpretare gli stili più dissimili e piegarli alle tinte oscure del proprio carisma. Una personalità debordante, straripante, quella di Jarboe, in grado di emergere nitida in ogni singolo frangente di questa sfaccettata quanto fasulla festa in maschera. Fasulla perché proprio fra i solchi di un esasperato trasformismo, Jarboe finisce per rivelarsi nella sua più completa nudità: "Thirteen Masks" è un carosello impazzito che, con le sue contraddizioni, le sue ridondanze e i suoi continui rimandi, finisce per ricalcare il percorso tortuoso ed imprevedibile di chi si esprime per libere associazioni in seno ad una seduta psicoanalitica.

L'irruente "Red" è un hip-hop deviato in cui la voce effettata della cantante incalza agguerrita su basi che picchiano all'impazzata, mentre il ritornello dissonante richiama echi swansiani. "A Man of Hate (Lord Misery)" è invece una litania che ci riporta nuovamente agli Skin più gotici, fra regressioni infantili ed invocazioni da temibile fattucchiera (da paura l'agghiacciante latrato finale, degno della Diamanda Galas più orrorifica).

Non mancheranno certo struggenti ballate acustiche ("The Lonely Voyeur", "The Oblivion Seekers (Of Ancient Memory)" e la conclusiva "Cries (For Spider)"), a tradire una certa passione, per altro mai celata, per il folk americano. Né verremo privati di autentici assalti di debordante industrial ossessivo e declamatorio proprio come vuole la migliore tradizione swansiana ("I Got a Gun" e "Freedom", quest'ultima di sole percussioni e voci).

Ma non è tutto: se "Wooden Idols" si fregia di un pacato tappeto jazzato da fumoso night club, consegnadoci una Jarboe in stato di grazia e sorprendentemente in salsa zuccherosa, "Shotgun Road (Redemption)", aperta dallo scrosciare della pioggia e sorretta da cupi rintocchi di pianoforte, è un desolante blues catacombale che riesce perfettamente a coniugare esigenze cantautoriali e l'insopprimibile anima gotica della cantante.

"The Believers", sorta di electro-industrial paranoico, provvidenzialmente appesantito da chitarre ed organo, non sa dir di no ad ambientazioni più tipicamente dancefloor, mentre la suadente "The Never Deserting Shadow", avvolgente nella melodia, finisce per suonare orecchiabile, ma senza cedere a scaltre tentazioni commerciali.

Voglia di divertirsi e sperimentare, quindi, ma soprattutto di fuggire, almeno per un'ora, dal mondo opprimente degli Swans. Un album che scaturisce da esigenze di evasione artistica, e per questo non mancheranno le ingenuità, la spontaneità, le comprensibili leggerezze che sono tipiche di chi si sfoga e lancia il proprio urlo liberatorio. Ma il reprise acustico della ipnotica "A Man of Hate", momento cardine dell'opera, ci ricorda che nonostante tutto abbiamo a che fare con un'anima inquieta, tormentata, lacerata. Un'anima in cui si incontrano e scontrano continuamente vigore e fragilità, rabbia e disillusione, insicurezza e bisogno di affetto, morbosità e tenerezza, insofferenza per l'ipocrisia imperante e voglia di rivalsa (cazzo, quanto sei donna, Jarboe!!!).

Jarboe non ha la stessa profondità profetica di una Nico. Né brilla della spregiudicatezza di una Siouxsie. Né tanto meno possiede le proprietà canore ed il potere traumatizzante di una Diamanda Galas: lontana da ogni altra sua collega, di ieri e di oggi, ci ricorda piuttosto il Bowie più obliquo e surreale, influenza che emerge prepotentemente per tutto il corso dell'opera, più di quanto emerga dai lavori con gli Swans.

Piaccia o non piaccia, non si può non riconoscere che Jarboe è stata ed è tuttora (si pensi alla formidabile collaborazione di qualche anno fa con i Neurosis) un'artista che ha molto, molto da dire, e che certamente merita un posto d'onore fra le voci femminili più irriverenti, trasgressive e coraggiose dei nostri tempi. Lasciatevi sedurre...

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