Jeff nuota, beato e sobrio nel Wolf River, canticchia piano gli Zep. Ti prende per mano, poi va giù, ti trascina nel suo mondo subacqueo ed etereo.

I brani si propagano come una corrente, e tolgono ogni dubbio: "Grace" è uno dei cd più toccanti e sensazionali del rock, Jeff è una sirena, una voce cristallina, la pelle non riesce a rimanere tesa dinanzi ad acuti tanto sofferti, ad un timbro così seducente e cangiante. Ogni traccia è effimera nella sua durata, eppure parte dell'insieme, un equilibrio fragile, che ha un che di cosmico. Onirico e sognante, ma reale e ricco di percezioni nella pulizia della sua voce, nell'originalità delle melodie.

Non è un album triste, affatto. Si avverte malinconia, è introspettivo al limite dell'isolamento, me se ne esce rigenerati, come un ritorno all'ossigeno dopo l'apnea. La pura bellezza di "Hallelujah", la traccia più nota, cover dell'originale di Leonard Cohen, non ruba attenzione alle restanti tracce, ma ne è sostegno e Sole, è fulcro di un sistema perfetto, immortale al suo creatore.

Cazzo deve essere brutto morire per affogamento. E non penso Jeff volesse passare alla storia nuotando a dorso, ma il suo non è rimasto una cantico sordo tra le acque del Mississippi, si è propagato per osmosi, e se quel viso è ancora culto, pur senza averci dato "l'ultimo arrivederci", un motivo ci sarà.  
 

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