Jennifer Warnes ha avuto una carriera solista dal percorso a dir poco bizzarro: riuscì nel 1977 ad ottenere un certo successo nella scena pop americana con la sua "Right Time Of The Night", all'età non più verdissima di trenta anni, e nel 1979 dimostrò di essere non solo una superba interprete ma anche una musicista di notevole talento con l'album "Shot Through The Heart", in cui, oltre a coverizzare splendidamente canzoni come "Sign On The Window" di Bob Dylan e "Hard Times Come Again No More" di Stephen Foster, scrive e compone in prima persona dei gioielli come le ballate "I'm Restess", "Frankie In The Rain" e il trionfale pop-gospel della titletrack; purtroppo "Shot Throught The Heart" non arriverà al successo di vendite sperato, e la Reprise Records la scaricò senza troppi complimenti. Negli anni '80 riuscì comunque a piazzare altre due hits, "Up Where We Belong" e "Time Of My Life", dalle colonne sonore di "An Officier And A Gentleman" e "Dirty Dancing"; troppo, decisamente troppo poco, quantitativamente ma soprattutto qualitativamente per una delle voci femminili più belle ed intense di sempre.

Se il pubblico e le case discografiche non sono mai stati capaci di apprezzarla in pieno, lo stesso non si può dire di Leonard Cohen, che la volle con sé quasi come una seconda voce: canzoni del calibro di "The Smokey Life" e "If It Be Your Will" non sarebbero mai state le stesse senza l'apporto di Jenny, e Cohen, quasi ricambiando il favore, duetterà a sua volta con lei in una meravigliosa "Joan Of Arc", nell'album "Famous Blue Raincoat" del 1987, che segna il ritorno come solista della cantante e l'inizio di una seconda giovinezza, coronata nel 1992 con l'album "The Hunter" che riprende il discorso interrotto nel 1979 con maggiore maturità e consapevolezza. "The Hunter" è un gran disco, in cui la Warnes esprime il meglio di sé nei suoi pezzi, come "The Light Of Louisianne", "I Can't Hide", la titletrack e "Way Down Deep" scritta a quattro mani con l'amico Leonard Cohen. A legare ulteriormente questi due personaggi c'è una singolare coincidenza, "The Hunter" esce nello stesso anno di "The Future" e né Jennifer né Leonard pubblicheranno un album fino al 2001, quando il loro silenzio verrà interrotto rispettivamente da "Ten New Songs" e "The Well", ognuno per la propria strada, entrambi guidati dalla medesima luce d'ispirazione.

"The Well" è l'album del coronamento definitivo per Jennifer Warnes: come nei precedenti "Shot Through The Heart" e "The Hunter" la cantante nata a Seattle ma cresciuta ad Anaheim si presenta sotto una duplice veste: interprete ed autrice, con due grandi fuochi nel cuore: la struggente dolcezza delle ballate folk e l'energia, la spensieratezza ma anche le sfumature più sensuali e più ombrose del soul/rhytm ‘n' blues. Gran parte di "The Hunter" attingeva a piene mani dalle sonorità della black music, e in "The Well" questa tradizione continua con la perfetta interpretazione di "You Don't Know Me", classico di Ray Charles duettato con il chitarrista Doyle Bramhall, coautore dei brani inediti dell'album, e soprattutto con la superba cover di un pezzo come "Invitation To The Blues" di Tom Waits, trasfigurata dalla voce affascinante, soffice come la seta di Jennifer Warnes, che si esprime in un registro sensuale e trasognato, riuscendo ad ingentilire l'originale mantenendone intatto il fascino, aiutata da azzeccati interventi di piano, tromba e sintetizzatori ipnotici ed ovattati. Altra interpretazione mozzafiato è quella di "And So It Goes", con Steve Porcaro alle tastiere, in cui stacca di anni luce l'originario interprete Billy Joel, illuminando di luce purissima quella che in origine era solo una più che discreta ballad strappalacrime, anche se la cover più bella ed intensa è senza dubbio la conclusiva "Patriot's Dream" di Arlo Guthrie, figlio d'arte e lui stesso grande cantautore ed interprete assai sottovalutato: l'originale era un semplice brano piano e voce, secondo me equiparabile in tutto e per tutto ad "Imagine" di John Lennon come messaggio e rapporto tra bellezza e semplicità della melodia; Jennifer Warnes, con la partecipazione di Guthrie jr medesimo la trasforma in una folk ballad dal respiro epico, in cui cornamuse celtiche incontrano un coro operistico e la marcetta militare scandita da Vinnie Colaiuta, rinomato e fidato collaboratore della cantate fin dai tempi di "Famous Blue Raincoat".

Oltre che come interprete, in "The Well" Jennifer Warnes agisce anche come rielaboratrice, attingendo dalla tradizione popolare per dare vita ad altre due gemme dell'album, una struggente ballata antimilitarista come "Too Late Love Comes", rilettura del classico irlandese "The Dawning Of The Day" e "The Nightingale", che nella sua versione originale era già stata intepretata da Joan Baez nel suo bellissimo album "Gracias A La Vida" del 1974 con il titolo di "El Rossinyol", canto tradizionale catalano trasformato in un potente inno gospel. Anche come autrice a tuttotondo l'artista si conferma agli eccelsi livelli di "The Hunter", con canzoni come la commovente "Prairie Melancholy", in cui la superlativa voce di Jennifer Warnes tocca vette altissime di pathos ed emozione interpretando un testo splendido, forse lontanamente ispirato "Ballad Of The Absent Mare" di Cohen per la sua ambientazione "western" e la concezione dell'amore ivi espressa, "The Panther", ombreggiatura di buio in un album luminoso come questo, un brano dalle atmosfere notturne ed inquiete, scandito da percussioni non convenzionali come maracas e campanelli, oltre che dai fraseggi blueasy del chitarrista  Doyle Bramhall e la titletrack "The Well", un pezzo movimentato e non perfettamente inquadrabile, che dà proprio l'idea di una frenesia gentile, come quella di uno zampillante ruscello di montagna grazie all'incalzante linea di basso, imponendosi come un'opener decisa ma dal fascino più sottile ed inafferrabile rispetto al resto dell'album.

Con questo album del 2001, a tutt'oggi purtroppo il suo ultimo, pubblicato manco a dirlo da un'etichetta indipendente, la Music Force, Jennifer Warnes raggiunge la sua definitiva consacrazione, sotto tutti i punti di vista, riuscendo ad oltrepassare di slancio gli standards già ottimi di "The Hunter", e dando vita a quello che secondo me è uno dei dischi pop più belli ed emozionanti di sempre, una voce unica, potente ed espressiva come poche, che quasi non ti aspetti da una donna piccola, non particolarmente bella né appariscente come Jenny, unita ad una sapienza musicale ed una consapevolezza del proprio valore e della proprie potenzialità pressoché assoluta: la scelta dei brani da interpretare è semplicemente perfetta, le rielaborazioni e gli inediti sono tutti, senza distinzione, fulgidi esempi di pop d'autore alto, puro ed incontaminato. Se penso al concetto di bellezza e candore espressi in musica, "The Well" di Jennifer Warnes è una della prime cose che mi viene in mente, un album che merita di diventare un classico, anche se per me lo è gia.

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