Ultimo album pubblicato a nome Hendrix quando era ancora vivo. Il resto della roba che trovate in commercio nei negozi, all'upim, all'autogrill, al discount e forse perfino nella salumeria sotto casa, sono tutti bootleg, greatest hits, omaggi postumi e bla bla... Degli album ufficiali usciti all'epoca, questo è l'ultimo, se si esclude (quando il nostro eroe era ormai già morto) "The Cry Of Love" uscito nel 1971 ad opera di Eddie Kramer and Mitch Mitchell che decisero di continuare la dove Jimi aveva lasciato a metà il materiale per l'album successivo a questo "Band Of Gypsys".

La formazione non è più quella "Experience" classica (con Mitch Mitchell e Noel Redding) ma insieme a Jimi troviamo, Buddy Miles alle pelli e Billy Cox al basso. Il preambolo all'uscita di questo disco non è stato dei migliori, in quanto fu quasi una forzatura per l'artista, complice l'idea di voler a tutti i costi vedere Jimi in un trio di soli neri e mettere un pò d'ordine a causa di alcune grane legali. Quindi le premesse per la svendita stilistica c'erano tutte, ma caddero via gloriosamente, appena fu pubblicato questo eccelso vinile, partorito nell'altra metà del sogno psichedelico: Fillmore East, New York. Blues incastonato in atmosfere soul costruite su parti di chitarra dalla tipica e geniale follia hendrixiana, il tutto perfettamente amalgamato con il clima che imperava all'epoca, fatto di proteste studentesche e cultura hippie, lo spettro della guerra nel Vietnam e la difficile situazione politica statunitense. Ed è in questo scenario che mettendo la puntina (oggi diremmo "premendo play") su quel coso a forma di cerchio che escono fuori le note delle indimenticabili "Who Knows", "Power To Love" e "Message Of Love" per arrivare al wah-wah mitologico di "Changes".

Ma la vera essenza di questo album è "Machine Gun", un pezzo strutturalmente straordinario, e pervaso da tutte le influenze stilistiche dell'epoca forgiate però con la calligrafia distorta di un Hendrix che fa vivere in pieno il blues psichedelico pervaso dall'incubo vietnamita ("Machine gun, tearin' my body all apart...") con la chitarra lancinante e struggente, ed il ritmo sostenuto dalla batteria a mò di mitraglietta per quasi tutto il pezzo. Ricordo con affetto una versione live di questa canzone che ascoltai fino all'ossessione quando ero ragazzino e ancora non sapevo fare un cazzo sulla chitarra. Rimasi scioccato sin dal riff iniziale per non parlare del solo e dell'incredibile effetto creato da Jimi nel finale in cui con il suo strumento riproduce suoni di bombe che vengono sganciate, sirene, morte e distruzione. Qualcosa di unico, e probabilmente irripetibile. Jimi qui da fondo a tutte le sue capacità, per segnare (forse inconsciamente) un epoca della quale è stato certamente sia protagonista che comparsa. Tutto è scritto e tutto avverrà, come un rituale voodoo, come il rogo della stratocaster sul palco, un destino segnato ed un solco lasciato ai posteri. "Solo la morte ti rende immortale" come disse lui stesso. A ciascuno la sua libera interpretazione.

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