Ma come manca la recensione del canto del cigno, anzi del Leone di Sheffield? E' proprio con piacere che colmo tale lacuna fra l'altro raccontando uno degli album migliori di Joe Cocker e senza alcuna remora nei confronti della sua pesante Assenza.

Uscito alla fine del 2012, poco più di due anni prima della sua morte e vista la natura del male che lo ha portato via per sempre è certo che Joe avesse ben presente il fatto che quella potesse essere l'opera ultima della sua lunghissima ed altalenante carriera ed evidentemente ci ha messo il suo totale impegno di uomo quasi settentenne e consumato da una vita molto dispendiosa.

Premetto che mi limito al commento degli undici brani dell'edizione europea, lasciando magari ad altri quella della versione "premium" studiata per il mercato americano, cui Joe, ormai trasferitosi da tempo oltre oceano, aveva mostrato sempre un segno di maggior favore, anche se onestamente quel mercato non gli aveva mai arriso particolarmente ed i maggiori riconoscimenti anche commerciali li aveva riscossi al di qua dell'oceano.

Si parte con la title track, ritmo molto trascinante sonorità un po' scontata ma voce ancora intatta (un prodigio!), ritmo rock che permane in "I'll Be Your Doctor" un po' più sulla scia dei classici di Joe dei primi anni '70, con tanto di coretto di supporto. Certamente più pop e solenne è invece "You Love Me Back" sempre abbastanza ben ritmata da Matt Serletic che evidentemente non s'accontenta della parte di produttore e ne vuole una anche come tasterista. Altro classico cockeriano è poi: "I Come in Peace" non particolarmente originale, ma sempre trascinante al contrario di "You don't Need a Milion Dollars" che invece sembra un brano west-coast adattato alle qualità del nostro eroe.

Finalmente si torna con "Eye on the Prize" al R&B cadenzato, la migliore specialità di Cocker sempre alla ricerca del pezzo in grado di rilanciarlo come ai tempi di "You Can Leave Your Hat on" o "Unchain My Heart", ricerca che continua con l'ottima "Younger" di Gary Burr. Immancabile il brano d'intorto "You don't Know What You're Doing to Me" e chissà cosa gli starà facendo per essere così appassionato, mah; una cosa è certa che negli ultimi dieci/dodici album Joe ha seguito fedelmente un copione quasi invariabile che evidentemente stava benissimo ai suoi fans, decisamente attempati come chi scrive, e che gremivano i suoi concerti esauriti con larghissimo anticipo. Concerti che si susseguiranno incredibilmente anche per tutto il 2013, portando in giro per il mondo questo prodotto di buona qualità oltre naturalmente i "classici" che l'hanno reso famoso.

Si ritorna poi alla normalità con "The Letting Go" senza infamia ne lode, mentre più interessante e trascinate è "I Walk in the Sunshine again" con un ottimo riff di chitarra, probabilmente uno dei brani migliori anche per l'apprezzabile sintesi: forse Joe al finale ha imparato che "trascinare" i brani per un minuto o più non giovava ne ai brani ne alle sue qualità.

Molto buono anche il finale: "Weight for the World" che ci lascia quasi improvvisamente, proprio come la sua vita, lasciando d'un tratto largo spazio al Silenzio.

Serenamente "Fire It up" merita 4 stelle, avendo al solito come minus le grafiche e come plus l'ottima resa tecnica, ma come non dare 5 stelle alla Carriera di Joe Cocker? Carriera che si è sviluppata per oltre 50 anni e ha affascinato milioni di fans, partendo dai pub della sua cittadina natale passando per Woodstock per riempire poi gli stadi di tutto il mondo, senza mai essere quella Prima Donna che ha viceversa caratterizzato molti altri grandi del nostro tempo e che per me rappresenta un innegabile plus umano del nostro Leone, al di là di negargli qualche posizione in più nella classifica dei cantanti più importanti di tutti i tempi. R.I.P. Joe.

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