Dopo l'uscita dai Velvet e concentratosi con l'esordio, vediamo una originale unione con il celebre Terry Riley, colui che diede alla luce "A Rainbow di Curved Air". Un compositore che ora ha la bellezza di ottanta anni e fa parte della corrente minimalista, che ebbe il suo periodo d'oro con John Cage, Philip Glass & LaMonte Young. Il suo modo di suonare del piano e dell'organo, originalissimo nell'opera citata prima e geniale nella famosa "In C", ha dato ispirazione a Ratledge ("Out Bloody Rageous"), al raga, a Schulze/Oldfield e addirittura Zawinul (i fraseggi di "I Sing The Body Electric", ma perfino in "Black Market" o "Birdland").

Riley anche il sax suona qui mentre Cale fà il menestrello, dedicandosi alla viola, al clavicembalo e al piano. Nella titletrack che inaugura il disco c'è tutta la loro classe. L'incedere è quello di "A Rainbow Curved Air" e "Sister Ray", ovvero dare tutta l'anima nelle note ed emanare più suoni tramite l'espansione della melodia, che dilagando nel crescendo sconfina in una moltitudine di sonorità. E' il concetto di raga, quello del jazz che si sposa con il rock più roboante, e che non invecchia mai. Infatti la produzione non ha nulla da recriminare rispetto "Paris 1919" o "Fear" di Cale. C'è una ballata, "The Soul Of Patrick Lee", che la canta Adam Miller, mentre l'altro pezzo degno di nota è "Ides Of March", dove i due pianoforti riescono a dirigere musica hall, jazz e boogie. L'unica pecca è che l'idea sia stata concretizzata solo in parte, c'è qualcosa che manca. Ci doveva essere ancora più coinvolgimento e meno fasi dispersive nello svolgersi di un pezzo del calibro della titletrack. C'è la psichedelia, la nota mistica e acida che ha contraddistinto sempre i Velvet di "The Gift" e il mare di note che Riley riesce a far parlare sbattendo le dita su dei tasti. Però si scruta anche una vita breve, un disegno che non tralascia la possibilità di altre collaborazioni tra i due nel futuro, perchè le loro concezioni andavano a scontrarsi l'una tra l'altra inevitabilmente.

Riley propone l'idea, che sostengo, di elaborare un' idea contraddistinta dall'esotismo, dalla psichedelia, mentre Cale tende a una forma maggiormente legata allo standard rock. Non c'è quella spinta finale che avrei voluto ricevere da due geni come loro. Cale ha mosso successivamente passi enormi con "Fear" e "Music For A New Society", riandando poi a pescare collaborazioni anche con Lou Reed in "Songs For Drella". Premetto di non essere un appassionatissimo del Cale solista, mentre mi affascina di più l'idea di "A Rainbow"; perchè poi è questa l'opera dove si può cogliere in maniera più schietta chi è Riley. Ovviamente c'è pretenziosità, tranne l'egocentrismo eccessivo di un Emerson, ma quella sensazione di camminare sopra le note è data proprio dall'attitudine percussionistica del suo stile. Grazie ai dialoghi intricati con le tabla si viene ipnotizzati e cullati dall'attenzione nell'effettuare accenti e piccole variazioni, che tessano la melodia egregiamente.

Cale,, essendo produttore esecutivo del disco ha modifcato alcuni suoni, alterando degli aspetti che non piacquero a Riley, tanto che volle cancellare il suo nome, senza avere però appoggio per motivi commerciali. E' comunque un buon esempio dello stato di salute della creatività dei due artisti negli anni Settanta, e per omaggiare realtà che spesso ci si dimentica ingiustamente.

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