E' l'incontro di due grandi protagonisti del jazz contemporaneo. E' la commistione del suono jazz-rock-blues di Scofield con il jazz-fusion di Metheny. E' il progetto di due maestri dalla tecnica sopraffina. E' la moderazione dell'anarchia methenyana fltrata dallo spirito conservatore di Scofield. E' il culmine di una amicizia decennale e di session casalinghe. E' "I Can See Your House From Here", lanciato sul mercato nel 1994, prima collaborazione comune per il quartetto composto da Scofield, Metheny, Steve Swallow (fidatissimo bassista di notevole caratura ed esperienza) e il giovane energico batterista Bill Stewart. Etichetta Blue Note.

Stesso sangue, stesse discendenze ed un unico obiettivo: un lavoro ricercato, di classe e abbastanza intenso da lasciare il segno, per divertire, divertirsi ed andare oltre le proprie capacità. L'apertura è intensa, profonda, elettrica, in "I Can See Your House From Here", scritto da Scofield, che si esibisce in un grintoso solo. E' un pezzo duro, con venature tipiche del chitarrista dell'Ohio, a tratti ostico. "The Red One" di marchio methenyano, pieno clima jazz con forti richiami rock. L'intesa è ottima.

"No Matter What" è delicatissima, scritta da Scofield, ballad preziosa per i soli. Interessante infatti la parentesi personalissima col basso di Steve Swallow. In "Everybody's Party" più duro l'apporto di John, a tratti spigolosissimo. Morbido e sinuoso il contributo di Pat. Il sound è molto accattivante, jazz e rock si sfiorano più volte. I due maestri duettano all'unisono.
"Message to my Friend" è una ballad dal sapore antico, autore Pat, scritta pensando all'amico Charlie Haden. "No Way Jose" ha una buona ritmica, autore John. Anche in questo pezzo si sfiorano più volte le tematiche musicali amate da Scofield. Tratteggio distorto, a volte ambiguo, per un'ottima esecuzione. Pezzo positivo, ma duro.

"Say The Brother's Name" è un classico di Metheny, molto rallentato per l'occasione. Rimane da dire che la melodia è morbidissima ed elegante. Un pezzo davvero raffinato. Chiave puramente jazz, assolutamente imperdibile e pilastro dell'album è "S.C.O." che personalmente osanno da sempre, come pezzo che mantiene un'intensità costante e travolgente. Gran lavoro di batteria ed ottimo intreccio di chitarre, per un brano che deve essere segnalato come testimone di un incontro di autori, e in questo caso, un ottimo tentativo di Metheny di avvicinarsi ad una realtà musicale meno aderente al suo ambito creativo. Dimostrazione di duttilità eccellente per il chitarrista del Missouri. Favoloso e riflessivo. Sottolineo il gran apporto di Stewart.

Si ritorna su ritmi blandi in "Quiet Rising" sempre di Metheny, ma non è indimenticabile. Ancora ottime le spazzole di Stewart . "One Way To Be" e "You Speack my Language" sono di Scofield, dalle atmosfere elettriche e rockeggianti. La seconda è decisamente più audace, acustica e "filtrante", con un groove sornione ed affascinante. Il tema è sviluppato con eleganza capacità e raffinatezza. Un'ottima chiusura.

Buoni i riscontri della critica. E' un album potente, più di matrice più scofieldiana che metheniana, suonato davvero bene. Una nota su Bill Stewart: collaborerà ancora con Pat all'eccellente stesura di Trio 99/00. La capacità di fraseggio del batterista non deve passare inosservata. Un vulcano.

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