Dopo mesi e mesi passati a vederne locandine ovunque e commenti estatici su Facebook, ho potuto finalmente modo di gustarmi appieno una perla cinematografica. Di cosa sto parlando? Ovviamente di Warm Bodies, il mitico horror-romantico uscito nelle sale il 2013 seguendo il filone macella-creature-horror-famose-con-commedie-romantiche-pessime aperto da Twilight.

Ho cominciato la visione di questo film con qualche speranza, anche perché da quel che avevo letto il tutto voleva trasformarsi in una sorta di denuncia sociale al fatto che la gente avesse smesso di comunicare, trasformandosi in veri e propri “morti viventi emotivi” o roba così. Un messaggio troppo profondo e ricco di significati che avrebbe potuto cambiare la mia concezione della vita, facendomi mollare internet e magari finalmente mutandomi in un neo-hippie amante del mondo, dei rapporti umani e della natura.

E invece no, ed ora vi spiegherò il perché. Preparate i pop corn e i pezzetti di cervello di gomma da sgranocchiare, ci vorrà un pò.

Il film parte con lo zombie protagonista del film (e già da questo punto verrebbe da chiedersi perché mai fare QUESTA scelta di introduzione, ma vabbè), il cui nome è R perché “non si ricorda” il resto. Ora, considerando il fatto che gli zombie il cervello dovrebbero avercelo MORTO, direi che è già eccezionale il fatto che riesca a saper grugnire qualcosa di vagamente simile ad una R, ma in questo film la cosa è abbastanza confusa, perché il ragazzotto-non-più-vivace non solo riesce a fare movimento coordinati seguendo la propria volontà, ma fa monologhi interiori che riempiranno più di metà film, con frasi perfettamente articolate e menate filosofiche del tipo “ma io penso quindi sono?”, “quanto era piummeglio la vita quando ero vivo?” e “chi ha deciso che sul pesce non si mette il parmigiano?”.

Comunque a quanto pare anche se dentro si sente Shakespeare, fuori ha la stessa capacità oratoria di un calciatore durante le interviste pre-partita, limitandosi a grugnire e a mormorare un “fame” o “cibo” di tanto in tanto assieme al suo migliore amico zombie, tale M. I due partono alla volta della città per mangiucchiare un pò di cervelli, e la nostra attenzione si sposta sull’ultimo insediamento umano sopravvissuto al contagio, una cittadella completamente circondata da una muraglia che manco Troy, nella quale ovviamente vive la nostra protagonista femminile, una biondina ribelle di nome Julie. In pochi scambi di battute ci viene fatto capire che Julie è la figlia del super boss, il capo della “resistenza umana” agli zombie, il quale ovviamente “non la capisce” e la disgusta per motivi che non ci sono chiari e non verranno realmente mai spiegati durante tutto il corso del film. Yay.

Il gruppetto di giovini viene spedito a cercare medicinali in un ospedale al di fuori delle mura, ovviamente armati fino ai denti per scongiurare il pericolo di venire attaccati dagli zombie... cosa che si rivelerà totalmente inutile, dato che sembrano avere tutti una mira pressoché dimmerda a parte Julie. Il gruppo viene decimato, ma R uccide inavvertitamente (<- ahah) il ragazzo di Julie, assorbendo i suoi ricordi tramite il suo cervello (<- cosa che se esplorata meglio poteva essere interessante e invece NO) e decide di salvarla dagli altri zombie spalmandole addosso una schifezza che puzza di morto (letteralmente) per mimetizzarla tra loro. Già, perché il piano di R è quella di salvarla dagli zombie PORTANDOLA NELLA LORO FOTTUTA TANA. Ed è in momento come questi che ti chiedi se, in effetti, il suo cervello sia proprio morto e quei monologhi pieno di feels li abbia fatti qualcun altro.

Cazzi e mazzi, Julie dapprima è sospettosa e spaventata dallo zombie e dai suoi gusti musicali, ma piano piano si rende conto che sotto quello strato di cerone e putrefazione R è davvero uno gnocco e quindi vale la pena provarci con lui. Il che sarebbe anche abbastanza puccioso e romantico (AHAH) se lui per tutto il tempo non si smangiucchiasse il cervello del ragazzo di Julie (perché non l’ha mangiato tutto subito, ne ha conservato un po’ per il viaggio OVVIAMENTE) manco fossero le sue Pringles preferite, con la scusa di “volerla conoscere meglio attraverso i suoi ricordi”. Vi sembra assurdo? Beh, preparatevi perché il meglio deve ancora arrivare.

Julie man mano che i giorni passano diventa sempre più autolesionista, e comincia letteralmente a lanciarsi a pesce in mezzo alle orde, ballare sui tavoli cosparsa di salsa al cervello e fare la lambada sulle scale mobili piene di non-morti, al che R capisce che forse è il caso di riportare il suo nuovo animaletto molesto in cattività, ovvero nella mega città blindata degli umani. Gli zombie, ovviamente, proveranno a fermarli perché si rendono conto che Julie è viva, ma R prontamente cercherà di difenderla, facendo risvegliare in tutti loro un sentimento sconosciuto (SUL SERIO), che li spinge ad aiutare i due neo-innamorati a fuggire dall’aeroporto indenni.

Sulla strada del ritorno i due si rifugiano in una casetta per scappare alla pioggia che comincia a cadere a secchiate, ed ovviamente Julie si sente in dovere di spogliarsi di fronte allo Zombie per evitare di prendere un raffreddore, ed R scopre che c’è un’altra parte del suo corpo che non è propriamente morta, oltre al cervello... Ma appena lo scopre, purtroppo, gli viene in mente che forse è il momento giusto per confessarle che ad uccidere e magnare il fidanzato era stato lui, con conseguente reazione di Julie che prende e si mette a dormire mollandolo sul pavimento a sguazzare nei nuovi sensi di colpa.

Il cervello dello zombie decide che dopo anni è ora di farlo dormire, e lui finisce per SOGNARE per la prima volta dal contagio, solo che il suo tempismo fa cagare perché, invece di darci qualche cosa dal passato a caso, o qualche incubo random, giusto per darci qualche soddisfazione del cazzo, il film ci fa vedere Julie che scappa senza avvertirlo alla volta della città umana. Intanto gli zombie all’aeroporto stanno cominciando a ricordarsi la loro vita passata grazie alle onde d’amore emesse da R e Juliet (SERIAMENTE) e questo fa incazzare gli zombie di livello avanzato (chiamati “ossuti” alla faccia della fantasia) che decidono di andare finalmente a prendere d’assalto la città umana (cosa che non avevano ancora fatto perché...?).

R intanto raggiunge Julie nella città, mentre lei è occupata a prendere parte ad un pigiama party con la sua unica amica (ed un motivo forse c’è) che continua a fare allusioni al fatto che lei si sia quasi fatta un cadavere... o, come lei lo definisce, il suo “zombie ragazzo”. R giunge sotto al balcone della bella Julie, ed i riferimenti farlocchi a Shakespeare si sprecano mentre i due giurano di combattere l’apocalisse assieme, curando tutti gli zombie con la forza dei loro sentimenti.

Ora, capirete che se SAILOR MOON e WEDDING PEACH possono salvare il mondo da un’apocalisse zombie... beh... C’È UN PROBLEMA. Un problema BELLO GROSSO. E non provate a farmi storie sull’insegnamento filosofico sull'amore, sui sentimenti, sull'affetto... perché NO, qui si tratta davvero di gente INFETTA che viene curata dall’AMMMMMMORE e dai BUONI SENTIMENTI. No, ma ce lo vedo Leon curare gli zombie con le carezze in resident evil, eh.

Ok. Disgressione personale a parte, proseguiamo con questa appassionante vicenda: Julie ed R (truccato e pettinato come una perfetta showgirl) corrono dal padre di lei, il Boss della razza umana, per convincerlo che R sta tornando in vita e con lui anche altri non morti. Ovviamente, sentendoli parlare della forza dell’amore, Il comandante medita di far bruciare tutti i manga shojo della figlia, mentre ordina ai propri uomini di catturare ed uccidere lo zombie che lei si è tanto astutamente portata dietro.

I due innamorati fuggono dai soldati, i quali si ritrovano invasi dai mitici super-zombie, gli ossuti, che cercheranno ovviamente di mangiarseli e sterminare del tutto la razza umana, se non fosse per gli zombie che stanno tornando in vita, e cominciano a sterminare ossuti al fianco degli umani. E quando ti rendi conto che un uomo mezzo morto con abilità motoria compromessa combatte meglio di mezza dozzina di uomini addestrati da più di un decennio di dolori fisici e strigliate da parte del tuo sergentino, allora, caro esercito, è meglio che cambi metodo di addestramento. Ma giusto per dire, eh?

La battaglia entra nel vivo con R e Julie messi alle strette dagli ossuti, con R che si lancia da oltre 20 metri di altezza con Julie, per atterrare in una piscinetta 2 metri per 3, proteggendola dall’impatto col suo corpo. Lei ovviamente per ringraziarlo lo bacia appassionatamente (e non facciamoci domande sullo stato dell’alito di sto pseudo cadavere) facendolo tornare in vita COMPLETAMENTE.

Dopo vari momenti a cazzius, tra cui il comandante che si rende conto del de-contagio di R perché sanguina (e non perché parla, ma dopotutto chi se ne frega di un cervello pensante?), e la popolazione zombie che uccide tutti gli ossuti, il film arriva al suo meraviglioso epilogo: Julie ed R sono seduti in cima a non si sa bene che muretto, parlando della loro meravigliosa vita futura (massì, chi se ne frega se hai mangiato il mio ex!) con R che decide di volersi chiamare solo così e non cercare la sua famiglia, perché vuole vivere solo nel presente con lei. Il muro viene fatto a pezzi e gli zombie tornano lentamente alla vita umana, inserendosi nella popolazione come se nulla fosse successo.

EVVIVA EVVIVONA I FINALI PENSATI.

Ora, questo film non sarebbe manco troppo male se non avesse la pretesa di volerti insegnare qualcosa, perché semplicemente NON LO FA. Il monologo iniziale dello zombie è semplicemente un insulto alla tecnologia (come se molte persone non fossero mai riuscite ad aprirsi meglio con gli altri anche grazie ad essa, com’è successo a me) e al fatto che in fondo tutti siamo zombie che non apprezzano la reciproca compagnia, cosa che davvero pare solo forzata da immagini non veritiere e inserite nel contesto alla cazzo di cane. Julie è una protagonista dimenticabile che non reagisce da persona normale a nessun trauma, ma semplicemente se li fa scivolare addosso come se nulla fosse, rendendo il suo pg una squallida Mary Sue da film di serie non B, peggio. Gli stessi personaggi di contorno sono pessimi e dimenticabili, così come lo è la regia e il comparto musicale; l’unica cosa buona potrebbero essere alcune battute, ma sono così poche che per me non bastano a risollevare il film.

In sostanza, se è un trash che cercate, Warm Bodies fa sicuramente al caso vostro: tra inespressività, pessima scrittura e scene gore fatte alla cazzo di cane, ha tutto ciò che si possa desiderare per passare una serata a deridere il cinema in compagnia.

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