Raffinato disco d’esordio per Joni Mitchell. Lei ha venticinque anni e in quel 1968 non è certo una sconosciuta, almeno per il circuito del nascente folk-rock. Ha un “padrino” importante come David Crosby, che qui “si improvvisa” produttore e ottiene dalla Reprise Records di farle incidere un intero LP di canzoni sue - cosa non proprio frequente per quei tempi - impostato addirittura come un concept album in due parti: il lato A, intitolato “I Came To The City” (Sono venuta in città) contiene brani che trattano tematiche urbane spesso cupe o repressive; il lato B, intitolato “Out of the City and Down to the Seaside” (cioè, Fuori dalla città e giù verso il mare), è invece una celebrazione della natura, con brani più positivi ed estroversi.
Il risultato è buono, ma a mio avviso non del tutto esaltante. Trovo che per una debuttante ci sia forse un eccesso di ambizione nel voler fare tutto da sola, non solo la parte compositiva quanto pure l’esecuzione in solitario alla chitarra acustica o al piano (salvo la comparsata di lusso di Stephen Stills al basso per «Night In The City») e persino il quadro in stile “flower power” della copertina. Così che poi la sua talentuosa scrittura di note e di versi finisce per risultare un po’ involuta nelle strofe e come appiattita nella resa sonora delle canzoni (d’altra parte Crosby non è un vero produttore) e per fortuna che nel folder interno ci sono ben leggibili i testi delle canzoni, che sarebbero altrimenti assai difficili da intendere per un non-madrelingua.
E poi c’è quasi uno scherzo del destino per la parte grafica, quando alla Reprise al momento della stampa nessuno si accorse che la bella Joni avesse come “disegnato” su tre righe il titolo dell’album con un volo di gabbiani («Song To A Seagull» appunto) visivamente percepibile però solo a distanza: e così avvenne che -mutilato delle ultime lettere e quasi illeggibile - il disco venne per qualche tempo conosciuto solo con il ben più visibile nome dell’autrice, cosa d’altra parte assai frequente per gli esordienti.
Tornando però alla sostanza: la sua particolare voce soprano è già ben riconoscibile (per capire, si può facilmente confrontare «Michael From Mountains» nella sua versione e (in rete) nell’incisione quasi parallela di Judy Collins); le canzoni esprimono tutte una poetica molto ricercata e lontana dai luoghi comuni del folk; le soluzioni armoniche sono spesso felicemente inconsuete, come il piano crepitante – in stile quasi honky-tonk – di «Night In The City» abbinato al gorgheggiare jodel del ritornello; e c’è - a far la differenza - l’incantata bellezza di brani come «I Had A King», «Song To A Seagull» e «Cactus Tree» che escono dalla tradizione per annunciare la Joni Mitchell-Lady of the Canyon che sarà.
E dunque, un album non facile, ma indispensabile per i fan di Joanie e “consigliato con riserva” per tutti gli altri.
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