L’argutissimo Luigi Pirandello l’aveva pensata giusta: l’incomunicabilità tra le persone è causata dal fatto che ognuno è costretto ad assumere una maschera nelle relazioni con gli altri. Cosa ci sarà dietro a quella faccia da comunista con tanto di barba alla Che Guevara che parla di diritti umani e di pacifismo? Sarà solamente un minchione che cerca di conquistare un pubblico di sbarbatelli alternative-adolescenziali che si differenziano dalla volgare massa di truzzi fumando ganja e mettendosi una tovaglietta da pic-nic al collo? Oppure sarà un artista che scrive solamente ciò che sente dentro di sé? Per chi non lo conosce di persona la risposta a questo terribile quesito può essere dettata solamente dall’intuito; il mio mi spinge a propendere per la seconda ipotesi, ma non ho alcuna velleità di convincere a far revisionare il sesto senso a coloro che non condividono il mio pensiero. Fatta questa pallosissima premessa, passiamo alla recensione.

In “Lorenzo 1994” il Cherubini dimostra di essere maturato moltissimo rispetto ai tempi di “For president” e “La mia moto”: gli arrangiamenti, sapienti miscele di rap, funky, musica etnica e immancabili giri di basso del solito Saturnino, sono molto curati e le liriche rappate del Jova sanno colpire, far riflettere ma anche emozionare (come nella “ballata dell’ amore perduto” Io ti cercherò, in pieno stile Biagio Antonacci ma comunque molto toccante).
La sequenza dei primi brani è al fulmicotone: i versi di "Attaccami la spina" ci fanno subito capire di che pasta è fatto il nostro, pieno di energia ma (finalmente) consapevole che non è la musica che fa una rivoluzione, al massimo può esserne la colonna sonora. A seguire troviamo i due episodi più famosi a livello commerciale del disco: la dolce e sognante "Serenata rap" e la scatenata "Penso positivo", manifesto della poetica think pink del Jova. Un altro pezzo degno di nota è "Si va via", interpretazione non banale del problema delle stragi del sabato sera, preceduta dalla geniale intro "I giovani". "Voglio di +" è un mezzo ritorno al passato, "Parola" è quasi una preghiera agli dei pensieri e parole dedicata agli affetti di Lorenzo, mentre "Soleluna" ricorda tanto San Francesco. "Barabba" e "Il futuro del mondo" sono i pezzi di maggiore impegno sociale del disco; il primo è una forte critica ad una massa che ha bisogno di eroi che assecondino comodamente i vizi suoi, il secondo, rockeggiante e arrabbiato, si scaglia contro l’intolleranza e la presunzione che oramai dilagano nella nostra società. Brani più lenti e toccanti sono invece "Piove" (dove il brontolio di un temporale accompagna magnificamente la chitarra di Centonze) e "Mario" (testo incredibilmente suggestivo, ma interpretato non ottimamente).
Un densissimo magma di suoni, parole ed emozioni, che ci fornisce (tenendo valida la premessa) il profilo di uno degli artisti più importanti della scena musicale italiana di fine secolo.

Carico i commenti...  con calma