I Judas Priest ritornano con questo "Nostradamus", il primo vero concept album che la heavy metal band abbia mai composto in tutta la sua prestigiosa carriera, ed esso è incentrato sulla figura dell'omonimo scrittore di profezie francese (per esteso Michel de Notre-Dame). Preferirei lasciare a voi il compito di scoprire nei dettagli la storia del concept, anche perchè non ritengo che sia l'elemento più importante di questo lavoro e rischierei di dilungarmi troppo rendendo la recensione un tantino tediosa; piuttosto, passo subito ad esporre ciò che mi ha colpito della musica, sia in positivo che in negativo.

La prima caratteristica che salta subito all'occhio è la lunghezza (eccessiva?) dell'album, difatti si presenta in due cd della durata totale di ben un'ora e 42 minuti, e subito verrebbe spontaneo domandarsi come i nostri abbiano voluto impiegare l'heavy metal in così tanto tempo. Possiamo osservare una copertina molto elaborata, forse... Epica? Ciò è insolito ed in effetti non è solo l'artwork che non sembra affatto di marchio Judas, ma soprattutto la musica e l'approccio con essa che è diverso. Per carità, io sto sempre dalla parte di coloro che vogliono cambiare la solita salsa con qualcosa di innovativo, ma un'evoluzione di questo genere dovrebbe essere fatta bene e con molta cautela; eppure i Judas, lo dico chiaro e netto, con questo "Nostradamus" hanno voluto strafare tentando di costruire un album decisamente più grande di loro ed avvicinandosi molto ad un ibrido di Symphonic Heavy Metal.

Così si apre questo mastodontico full-lenght con un'intro di due minuti e mezzo, "Dawn of Creation", che promette molto bene grazie alla sua atmosfera sognante, quasi onirica ed orientaleggiante, con le tastiere in costante rilievo; del tutto normale per il brano di apertura, anzi è molto piacevole. Giungiamo quindi in men che non si dica alla seconda track "Prophecy" (tranquilli, nessun track-by-track in vista, sarebbe una follia con 23 canzoni!) dove emergono finalmente i nuovi Judas: un grintoso mid tempo dall'andatura scandita e cadenzata, un Rob Halford abbastanza in forma nonostante l'età che avanza, chitarre un pò troppo "chugga chugga riffing" per i miei gusti e, dulcis in fundo, ancora le tastiere ad avvolgere l'atmosfera epica ed apocalittica del brano, che complessivamente è ricco di pathos e sicuramente apprezzabile.

Ok.
Ma il resto dell'album? L'altra ora e mezza?

Ebbene, i JP hanno impiegato veramente male le canzoni restanti: l'album intero risulta essere lento (nonostante la determinazione che si può percepire ad ogni minuto), prolisso e piuttosto impacciato in certi frangenti, per di più non c'è nessun brano che spicca e che può eventualmente essere considerato degno di nota o destinato all'esibizione live, proprio perchè quest'abbondante ora e mezza che la band ci ha appioppato è fin troppo omogenea, diluita e allo stesso tempo intasata dalla sua pompata ed ostentata epicità. Il risultato è perciò un pentolone di brodo in cui si salvano ben pochi succosi episodi, tra l'altro quasi tutti dopo i 50 minuti ("Prophecy"; "Persecution"; "Alone"; "Visions"; "Nostradamus"; "Future of Mankind"). Sei brani ottimi o semplicemente discreti che vagano erranti nella profondità cosmica dell'album, per non parlare dell'assenza di una classica canzone-killer in stile priestiano, altro aspetto assolutamente da non sottovalutare.

Ma cosa NON avrebbero dovuto fare i Judas in questo minestrone? Innanzitutto avrebbero dovuto eliminare i NOVE fastidiosi intermezzi di 1-2 minuti, composti con l'intento di creare atmosfera ma che appesantiscono solo l'ascolto degli altri brani già barcollanti di per sè, e così facendo avrebbero tolto quasi mezz'ora pressochè futile e vuota.
In secondo luogo era più consigliabile accelerare qualche canzone, ovviamente non tutte perchè è giusto che si mantenga quell'alone magico e mistico che è proprio dell'album, ma alcune parti sarebbero potute essere più snelle e leggere; invece praticamente al 90% dei casi si tratta di un mid tempo caratterizzato da un gradevole assolo che però non c'entra un fico secco con la struttura solenne ed evocativa del brano. Infine, a mio modesto parere c'è un considerevole abuso di tastiere.
Ricapitolando: intermezzi in gran parte o totalmente ridotti, alcuni brani snelliti e velocizzati, tastiere in parte ridotte senza snaturare la possente epicità, e di certo "Nostradamus" sarebbe stato un ottimo lavoro da quattro, se non cinque stelle.

Insomma, le buone idee c'erano sicuramente e lo si può sentire ascoltando entrambi i cd (e leggendo i testi stupendi), peccato che siano state sviluppate in modo tanto approssimativo quanto ambizioso. Ma ahimè, ormai il lavoro è questo e dobbiamo tenercelo per come si presenta. Metto un 3, e non so nemmeno se stentato o meritato.

Elenco e tracce

01   Dawn of Creation (02:31)

02   Prophecy (05:26)

03   Awakening (00:52)

04   Revelations (07:05)

05   The Four Horsemen (01:35)

07   Sands of Time (02:36)

08   Pestilence and Plague (05:08)

09   Death (07:33)

10   Peace (02:21)

11   Conquest (04:42)

12   Lost Love (04:28)

13   Persecution (06:34)

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Altre recensioni

Di  KingJudas

 Le canzoni da ricordare sono Visions, con un bel riff veloce e sporco, Alone, forse la chicca del disco.

 Hanno ottenuto ciò che volevano: provare che loro sono i migliori, in qualunque genere!