Orsù, è estate, abbandoniamo per qualche giorno i cupi lidi del metal e le articolate melodie progressive per veleggiare su mete più leggere e fresche. "The House" è il quarto album di studio della talentuosa e affascinante cantautrice di origini georgiane, che sin dal suo esordio - "Call off the Search", 2003, quando era una virgulta 19enne - è stata accolta come una rivelazione, confermata dall'ottimo "Piece by Piece", album di una coesione e intensità mai più raggiunta successivamente, nel discreto Pictures e in questo quarto album: "The House", appunto.

Prima di lasciare spazio ai bla bla della critica, a Katie Melua bisogna concedere dei punti di vantaggio per due doti inconfutabili: una voce eccezionale e un estro interpretativo notevole. Dopodichè, il genere e le singole canzoni possono piacere o meno.

Quanto al genere, l'album in questione si affaccia su vari scenari, senza per questo deragliare dal punto fermo che è evidentemente la voce di Katie. Se la track d'apertura, "I'd love to kill you", "A moment of Madness" e "The One I Love Is Gone" hanno il marchio soft un po' blues e un po' swing di Katie (che a tratti strizza l'occhio a Norah Jones), in altri episodi si devia verso un pop molto intelligente e piacevole, come "The Flood, A Happy Place" e "Plague of Love", più la title-track "The House".

A completare l'album si inseriscono episodi più marcatamente blues come "God on The Drums", "Devil On The Bass" o intimi come "Red Balloons", la rockettara e godibilissima "Tiny Alien", infine l'orrida e sfacciatamente pop (un pop ben poco originale) "Twisted".

Sebbene sembrino tramontati i tempi di "Piece by Piece" - per intenderci, l'album di "Nine Million Bycicles", "Spider's Web" e "On The Road Again" - la capacità comunicativa di Katie Melua resta sostanzialmente immutata, e anche per chi non ama particolarmente il genere questo disco è una tappa che può suscitare delle piacevoli emozioni.

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