Eh, i Klaxons.
Il loro debutto sulla scena indie con quel "Myths of the Near Future" sollevò un bel polverone tra pubblico e critica, non nuovi ai lavori dei tre londinesi dato il rilascio precedente di alcuni demo piuttosto convincenti.
La stampa inglese li incensò (com'era prevedibile, del resto). Molti li bollarono come un mero tentativo di riciclaggio musicale, mentre dalla parte diametralmente opposta c'era chi era già impazzito per i tre londinesi e il loro sound, tirando di mezzo quella strana definizione di Nu Rave (sarò scemo io, ma non mi pare che i Klaxons abbiamo molto a che fare con i rave). Mah.
Dal canto mio cercai di ascoltare l'album con un atteggiamento piuttosto distaccato e imparziale: un sound fresco, energico (il giro di basso e le sirene di "Atlantis to Interzone" sono una scarica elettrica ad alto voltaggio), decisamente danzereccio e molto propenso al live... nulla di così sconvolgente e originale, ma qualcosa di diverso ai migliaia di cloni degli Arctic Monkeys che infestano la scena inglese.
Con queste premesse mi presento mercoledì sera in compagnia di due amici all' Hiroshima di Torino per la seconda data del primo mini tour italiano dei Klaxons.
La serata inizia decisamente bene: appena entro ho la fortuna di incontrare James, il tastierista, che gira con quattro birre in mano. La foto è d'obbligo, ma nel ringraziarlo sbaglio clamorosamente il nome e gli dico: "Thank you so much, JAMIE". Lui non si scompone e con un sorrisone mi dice che mi sono confuso e che non importa. Che simpatico.
Il variopinto pubblico, tutto pantaloni stretti, converse/vans ai piedi e frange improbabili è in fremente attesa e intorno alle 22.30 fanno la comparsa i Neils Children, il gruppo di spalle.
Che dire, mi sembrano una scopiazzatura proprio dei Klaxons, ma scaldano il pubblico con alcuni buoni pezzi.
Finalmente, salgono i nostri sul palco. E iniziano con "Atlantis to Interzone" che manda in delirio tutto l'Hiroshima che collettivamente canta, salta, poga. Inizio folgorante, niente da dire. Il resto del concerto si alterna tra altri momenti molto convincenti (che bolgia con "Magick", e tutti a cantare con "Golden Skans") e altri meno.
I suoni non erano proprio il massimo, e mi riferisco soprattutto alla chitarra che rimane troppo in secondo piano sovrastata da basso e batteria che picchiano fortissimo. Buona prova vocale invece di James e Jamie che si alternano alle vocals (a anche agli strumenti), ottimo il falsetto di "Golden Skans".
Insomma, un gran bel concerto. Intenso e convincente. Esco che sono dimagrito di tre chili per la sudata bestiale e le gambe faticano a reggermi in piedi. Provateci voi a pogare per un'ora di fila.
Non ho mai pensato che i Klaxons siano un gruppo della madonna (e credo nemmeno voi), ma questi tre giovanotti di Londra la loro pagnotta se la sanno guadagnare, eccome.
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