L'universo dell'animazione nipponica, al contrario del desolante panorama europeo ed americano, è sempre stato un luogo dove centinaia di produzioni più o meno interessanti sono venute alla luce e sono morte in lassi di tempo talmente brevi da risultare quasi nulli. E' dunque estremamente ostico riuscire a creare un qualcosa che si imprima nella memoria degli appassionati elevandolo a fenomeno di costume. I pochi prodotti che sono riusciti in questi impresa, hanno sempre avuto il grande merito di infrangere o allargare le regole e i limiti non scritti delle categorie e dei generi alle quali appartenevano, portando a contaminazioni o inflessioni che lasciavano stupiti chi si trovava a rapportarsi con essi. L'esempio lampante e sicuramente più conosciuto di questo genere di fenomeno non può che essere quel capolavoro assoluto che risponde al nome di "Neon Genesis Evangelion", gioiello del mai troppo lodato studio Gainax, che già in precedenza aveva spiazzato gli Otaku di tutto il mondo realizzando un'altro splendido anime, "Fushigi No Umi No Nadia", noto dalle nostre parti come "Il mistero della Pietra Azzurra". Inizialmente rivelatosi un prodotto fallimentare, proprio a causa del suo enorme discostarsi dai normali canoni nipponici, Evangelion diventerà ben presto la rivoluzione che coinvolgerà l'intero settore. Da lì in poi, le produzioni hanno cominciato a voler diventare per forza di cose cervellotiche e complicate, risultando spesso qualitativamente scadenti e alla lunga stancanti. Tale fenomeno portò però ad una liberalizzazione del pensiero e ad una libertà di temi prima inimmaginabile. E' proprio in questo periodo particolarmente florido di idee che prende forma per la prima volta il progetto multimediale racchiuso sotto il marchio Utena, destinato a diventare uno dei simboli della nuova concezione nipponica alla base dell'animazione. Se infatti tale progetto venne sviluppato attraverso un manga, un videogioco, un musical, una serie animata e un lungometraggio, (che non furono conseguenze del grande successo di uno di questi prodotti, che poi portò agli altri, ma che furono tutti CONCETTUALMENTE ideati contemporanemente, per questo si parla di progetto..), in realtà solo questi ultimi due meritano l'appellativo di pietre miliari, portando di diritto il grande Kunihiko Ikuhara, (conosciuto da noi prevalentemente per aver diretto la 3° e 4° serie di "Sailor Moon"), nell'Olimpo dei grandi realizzatori di Anime del Sol Levante.
Fatta quest'importante premessa, doverosa per far capire un minimo l'importanza di questa produzione nel panorama animato nipponico, eccomi pronto a recensire uno dei lungometraggi tecnicamente e concettualmente più meritevoli che mi sia capitato di vedere.
Utena Tenjo è una giovanissima ragazza che ha l'abitudine di vestirsi come un uomo, e anche a comportarsi più o meno come se lo fosse. Nel suo girovagare all'interno del nuovo istituto in cui si è appena trasferita, la bizzarra e sconfinata accademia Ohtori, la ragazza si trova di fronte una bellissima rosa bianca che al suo cospetto si dischiude dolcemente rivelando al suo interno un anello, con inciso il simbolo di una rosa. Leggermente scossa da ciò che le è capitato, Utena scopre ben presto che quell'anello è il cosidetto Sigillo della Rosa, un gioiello che una volta indossato, permette l'accesso ad una specie di setta segreta interna all'istituto, il cosidetto Circolo dei Duellanti, composto oltretutto da tutti i membri del consiglio studentesco. I duellanti che ne fanno parte, ingaggiano tra loro cruenti combattimenti con la spada, il cui premio in palio è una loro coetanea, Anthy Himemiya, detta La Sposa della Rosa. Chiunque vinca il duello con il precedente vincitore diventa il PADRONE ASSOLUTO della ragazza, conquistandosi il diritto di farne ciò che più gli aggrada (anche a livello sessuale, uomo o donna che sia) e accaparrandosi così la possibilità di ottenere il misterioso potere di rivoluzionare il mondo, legato alla sposa stessa. Cosa sia questa rivoluzione, che tanto è bramata dai duellanti, il film lo lascia soltanto intuire non dando mai una risposta logica all'interno della narrazione.
Se infatti la serie televisiva seguiva la trama di base, sviluppandola secondo un filo logico, dando delle spiegazioni all'interno dei dialoghi e della storia stessa, ma nascondendone i significati più importanti e le riflessioni e le metafore teologiche, filosofiche e psicologiche che ne impreziosivano il contenuto, il lungometraggio si muove in maniera opposta, avvalendosi solo delle linee guida della trama, narrando di nuovo l'intera vicenda in modo del tutto diverso, per poi sconfinare in una serie di scene apparentemente prive di senso e connessione logica, del tutto fuori contesto, e in dialoghi fuorvianti e poco clementi nei confronti del tessuto narrativo. Quest'incarnazione di Utena non va recepita, va TOTALMENTE interpretata, e come tale è associabile al concetto stesso di sogno. Tutto ciò che si vede su schermo infatti, è nient'altro che un lungo viaggio onirico dove ogni quadro che ci si para dinanzi non trova la sua ragion d'essere nella vita dei protagonisti, ma la trova nel significato intrinseco che dona allo spettatore, che ad una prima visione non potrà che rimanere completamente sconvolto dalla mancanza di punti di riferimento a partire dalla seconda metà della pellicola. Tutto ciò che vediamo, che udiamo, che la nostra mente si trova a recepire, altro non è che il tanto bramato potere di rivoluzionare il mondo, completamente invisibile ai personaggi, ma facilmente afferabile dalle nostre menti una volta capito l'ingegnoso gioco di prestigio a cui Ikuahara ci ha permesso di assistere. La rivoluzione è infatti il cambiamento a livello psicologico, idealistico e sessuale che coinvolge Anthy ed Utena, e solo indirettamente i personaggi con cui esse si trovano a convivere, ridotti infatti alla molla, alla forza, alla scintilla che dà il via a questo processo. E' una volta compreso questo, che trova la sua ragion d'essere il sottotitolo dato all'opera, quell'"Apocalisse Adolescenziale" che è chiave interpretativa del lungometraggio stesso. E' la nuova consapevolezza dei sentimenti, delle pulsioni e degli istinti e il saper affrontare i pregiudizi e il bigottismo del mondo, la chiave di volta della morale presente in Utena. Lo stesso scenario in cui le protagoniste si muovono, la maestosa accademia Ohotori, riflette perfettamente lo straniamento e il senso di inadeguatezza nel mondo che l'adolescente si trova ad affrontare. Le strutture architettoniche infatti sono maestosamente alte, incredibilmente intricate, quasi labirintiche, piene di passaggi, ponti, scale e corridoi, provocando sullo schermo un gioco di illusione ottica simile a quanto osservato nelle illustrazioni di Escher. Per di più, molte di queste strutture sono continuamente in movimento, donando ancora di più il senso di una mancanza di punti di riferimento nella realtà quotidiana, nonostante l'altezza delle costruzioni faccia ben capire che si è all'interno di confini fin troppo ben delineati. Una delle scene più significative in questo senso, vede Utena seguire Anthy verso la torre più alta dell'istituto,senza che riesca mai a raggiungerla, separate da strutture apparentemente scollegate.
La caratterizzazione delle protagoniste è quindi il culmine del processo artistico che coivolge l'intera pellicola, donando man mano uno spessore incredibile a delle figure che all'inizio dell'anime sembravano solo le classiche studentelle già viste in migliaia di prodotti a sfondo shojo. Se pensiamo inoltre che la durata è solo di 90 minuti, in confronto ai 39 episodi della serie, il risultato risulta sbalorditivo se rapportato anche alla complessità dei temi introdotti.
Sul fronte tecnico il film è un vero capolavoro per gli occhi, uno splendido esercizio di stile, un elevazione del bello in ogni sua forma. Le animazioni, ad opera del mai troppo lodato J.C. Staff sono fluidissime e credibili in relazione ai personaggi, rimanendo estremamente eleganti e aggraziate anche durantele scene dei duelli. Il chara è tipico degli shojo: figure eteree, tutte alte, slanciate e bellissime; ciò nonostante, esso trova il suo il punto di forza nell'estrema cura riservata ai dettagli, a dir poco maniacale, donando ad ogni personaggio la giusta particolarità che lo porta a distinguersi dagli altri in maniera netta. Inoltre i protagonisti sono perennemente in posa, quasi come se ci fosse un pittore invisibile pronto ad immortalarli in tutta la loro bellezza. La colonna sonora è altrettanto curata, musiche meravigliose, che spaziano in tutti gli ambiti, ma che danno il meglio nell'epicità nelle scene dei duelli. Ma il vero punto di forza dell'intero prodotto è la sua regia, assolutamente geniale. Non al servizio della narrazione, ma traino della narrazione stessa, la regia esteta di Ikuhara è costantemente alla ricerca dell'effetto che provochi nello spettatore la meraviglia e l'appagamento dell'occhio, trovando forma in inquadrature e scelte che definire ardite è poco, ma che danno alla pellicola uno stile peculiare, tendente al favolistico e all'onirico.
In conclusione Utena è un lavoro difficile. Sicuramente non è un prodotto da guardare per passare un'oretta e mezza senza pensieri, poichè si rischierebbe di relegare il dvd a sottobicchiere appena finita la visione.E' un lavoro che trova nella sperimentazione la sua ragion d'essere ed'è apprezzabile su due piani ben distinti. Il primo è il lato puramente estetico, il secondo quello puramente riflessivo.Se siete interessati all'uno o all'altro, la visione è caldamente consigliata. Ricordandovi una volta rimasti affascinati dal mondo di Utena, di scovare la splendida serie tv.
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