C’è quest’auto che viaggia sulla strada dritta, in mezzo al nulla. Dietro, la città si rimpicciolisce sempre di più, ormai case, grattacieli e alberi sono delle figure indistinte sullo specchietto retrovisore. In quella città ormai lontana, c’era troppo dolore. Troppi ricordi negativi, troppi momenti di una vita che sarebbero dovuti scomparire, ma che invece sono ancora lì, a tormentare la mente.
Il vecchio contro il nuovo. Il dolore contro la ricerca della pace. E in mezzo, quella strada, segnata da piccoli oggetti che ricordano qualcosa, o qualcuno. Una strada che in tanti hanno percorso per provare a rifarsi una vita migliore. Che in tanti hanno percorso sperando di chiudere con il passato, di voltare pagina. Ogni fiore di plastica, ogni singolo oggetto che popola il ciglio di quel tratto di strada racconta una storia diversa. Storie che sono il fulcro di Panorama, il nuovo album dei La Dispute.

La band di Grand Rapids, nel Michigan, torna dopo cinque anni con un nuovo album e torna a narrarci storie di persone che vogliono cambiare, persone che hanno sofferto ma che sono alla strenua ricerca di un motivo per migliorare, trovare la felicità. Persone tormentate che popolano i testi di Jordan Dreyer, voce narrante della band. Il suo inconfondibile spoken-word è ancora intenso, profondo, emozionante. Quando non basta raccontare, Jordan alza la voce, urla frasi dal forte impatto, con il suo scream acuto, pervaso da un’intensa violenza che esprime rabbia, frustrazione e determinazione.
Fulton Street I” e “Fulton Street II” narrano proprio di questo viaggio da un città all’altra, di questo viaggio affrontato con la voglia di dimenticare, di lasciarsi indietro storie di un passato nero e guardare avanti, ad un nuovo futuro. Ogni strada racconta una storia diversa, ogni strada è lastricata di vite diversissime eppure piene dello stesso dolore, della stessa voglia di redenzione.

And I saw signs on the shoulder of the interstate / When I followed your eyes / And I saw lights fading every monument / And the passage of time / If I could just try, could I banish all the pain in you?

In “Rhodonite And Grief” troviamo un narratore che cerca di confortare un partner in un momento difficile. Lui le regala piccoli doni, fa per lei piccole cose quotidiane per dimostrare il suo sostegno. Eppure sa che non potrà mai provare lo stesso dolore in prima persona, così come ognuno di noi non potrà mai sapere quali sofferenze si celano dentro ogni persona che conosciamo. Dolori che percepiamo solo in parte, e che magari cerchiamo di alleviare strappando ai nostri cari un sorriso, dando conforto e sostegno. Ma il dolore rimane nel profondo, e gli altri non sapranno mai davvero l’intensità di quel malessere, di quel momento difficile. La tromba che si scorge a metà della canzone richiama il malinconico mood degli American Football, ma questo è uno di quei brani che ormai hanno il marchio di fabbrica dei La Dispute: lancinante, straziante, da pelle d’oca.

Winter, we huddled in anger / Spring, sadness sinking in / Summer, accept all departures / Then autumn, start again.

Per il loro quarto album in studio, i La Dispute hanno trovato la giusta miscela delle sonorità più grezze e violente dei primi dischi, con le sonorità più morbide e adulte dei lavori più recenti. La furia di Wildlife (uscito nel 2011) incontra qui la raffinata malinconia di Rooms Of The House (del 2014), creando brani che sono delle vere bombe, canzoni che sono un cazzotto in faccia che ti fa sputare le emozioni più sincere. I testi sono i soliti grandiosi testi viscerali di Jordan Dreyer, che ancora una volta si dimostra maestro nel raccontare pezzi di vita vissuta estrapolando da ogni singola parola i suoi sentimenti, il suo dolore e la sua rabbia.
Il Michigan, terra d’origine della band, è sempre stata grande fonte d’ispirazione. Le desolate lande ghiacciate, gli inverni infiniti, le lunghe strade dritte in cui enormi tir scorrono veloci. Le fredde acque dei laghi, che inghiottono tronchi, corpi e anime in pena. Il Michigan è descritto nei minimi particolari, e sono questi dettagli ad essere elementi centrali della magia dei La Dispute. Una magia che trasuda malinconia, tristezza e frustrazione. Una magia che mostra il forte legame con la propria terra, ma anche la voglia di abbandonarla, di lasciarsela alle spalle per trovare pace interiore.

Footsteps At The Pond” è un tour-de-force di tre minuti e mezzo, in cui la voce gridata di Jordan si focalizza sulle differenze che hanno creato una crepa in un rapporto d’amicizia che sembrava indissolubile. Un rapporto che sembrava perfetto, che è sempre stato prezioso. Un’amicizia che si è spezzata da differenze che ora sembrano impossibili da colmare. Differenze che separano e fanno soffrire. Il post-hardcore degli esordi qui torna prepotente, in uno dei brani più graffianti e potenti dell’intero album. Un brano straordinario, stretto intorno ad una catartica furia emotiva, con un crescendo di potenza che fa venire i brividi e che conferma la bravura dei La Dispute nel penetrare sottopelle e arrivare dritto in pancia e nel cuore.

I just wanted you to carry on and carry me / I guess I wanted you to need the things I needed you to be.

Panorama si chiude con i sette minuti abbondanti di “You Ascendant“, in cui è condensata tutta l’eleganza dei La Dispute. Jordan è fenomenale, la sua voce è sommessa e vibrante, mentre le chitarre lo accompagnano docili, meste e magnificamente eleganti. Chitarre che esplodono come una molotov lanciata addosso, fatta di emozioni che bruciano e ci annientano. Amore, dolore, rabbia, tristezza e disperazione. Sette minuti sulle montagne russe, sette minuti di emozioni che dilaniano, sanguinano e commuovono.

Il quarto album dei La Dispute è bellissimo, non c’è null’altro da dire. Un disco potente, che si dimostra capace di smuoverci dentro. Un album che riesce a sconquassarci l’anima a forza di pugni nello stomaco e groppi in gola. Dieci brani praticamente perfetti, che non smettono di farci male e di darci spunti per riflettere. Riflessioni sulla nostra vita, sulle persone che ci sono vicine quotidianamente. Riflessioni sul nostro passato, sulla nostro continuo tentativo di raggiungere lo spiraglio di felicità che vediamo sempre davanti a noi ma sembra irraggiungibile.
Panorama è un album spettacolare, un disco clamorosamente schietto e sincero. È il post-hardcore dei La Dispute elevato lassù, a sfiorare la perfezione. È la definitiva consacrazione di una band unica nel suo genere. Panorama è un vero capolavoro, e già so che non ascolterò altro per molto tempo.

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