Laura Loriga - Vever (Ears&EyesRecords – 2022)
Genere: Electro folk, songwriting
Ma che mi succede stanotte, è abbastanza tardi ma Morfeo non è proprio intenzionato a farmi visita. Ho in mano un libro di Cotto “Rock is the Answer” che staziona sul mio comodino da alcuni giorni, mi fa compagnia la sera e, non me ne voglia il buon Massimo, dopo una decina di pagine, di solito, Ipno e Nyx mi fanno cadere nelle braccia del loro figliolo. Mi avvicino all’impianto stereo, sì, proprio quello con un pre e finale e una coppia di casse a tre vie, al posto del giradischi c’è un lettore CD; no non sono tornato al vinile, non amo molto le minestre riscaldate. Dallo scaffale dove ho riposto alcuni CD acquistati di recente ne prendo uno a caso, ma voi credete nel caso? Io no. La copertina è particolare: una specie di casale con le finestre super illuminate che si staglia su uno sfondo scuro. Stasera però mi prende una sorta di pareidolia perché mi sembra di vederci la testa di un gatto con la lingua di fuori e altri volti dall’aspetto inquietante. Si tratta di VEVER di Laura Loriga; bene bene, proprio quello che ci vuole.
Metto la cuffia e il CD nel lettore, gesti ripetuti chissà quante volte, ma sempre forieri di good vibrations. Forse sarà perché sono le tre di notte, forse sarà perché la cuffia riesce a traghettare la musica nelle zone più recondite del cervello, ma il disco si sta impossessando della mia volontà, dei miei pensieri e mi avvolge con le sue atmosfere eteree e piene di pathos. Una serie di ballate ombrose, non sempre legate alla forma canzone ma enfatizzate dalla sua voce intensamente espressiva.
In questo nuovo lavoro, il primo a suo nome, la cantautrice e compositrice bolognese, trapiantata negli USA, abbandona la classica struttura voce/piano che caratterizzava i tre dischi realizzati tra il 2009 e il 2016 con i Mimes Of Wines e vari organi elettrici assurgono a colonne portanti. La scelta è vincente: l’intreccio con droni, sintetizzatori, harmonium, tamburi, fiati e insoliti strumenti a corda, creano affascinanti e inquietanti paesaggi sonori difficilmente realizzabili con un pianoforte acustico. Lo strumento più impressionante è senz’altro la sua stupenda voce che emerge attraverso la musica corposa e inebriante, senza fronzoli o gorgheggi inappropriati, e che non smarrisce mai la sensualità della melodia.
L’ album, realizzato a New York tra il 2019 e 2020, vede la magnifica collaborazione di alcuni membri di Mimes of Wine e di altri musicisti internazionali tra cui Josh Werner (Coadiutore dei CocoRosie, Lee Scratch Perry, Marc Ribot) al basso elettrico, Otto Hauser (già con Michael Hurly, Cass McCombs, Kevin Ayers e Devendra Banhart) alla batteria, Anni Rossi alla viola e Ran Livneh al contrabbasso.
VELVER è un termine haitiano riferito ai riti voodoo, nei quali vengono evocati i propri antenati utilizzando disegni simmetrici, antichi simboli divini che favoriscono il contatto tra vivi e defunti. “Questi rituali – spiega Laura – li trovo affascinanti e mi fanno riflettere sul rapporto con gli altri, con i miei stessi famigliari che si interfacciano con i luoghi, gli spazi e il tempo che passa e cambia molto velocemente”. Tutto questo traspare nelle sue composizioni dove riemergono echi di concerti e dischi ascoltati, libri letti e amati incondizionatamente, e dove la cultura italiana e statunitense si incontrano (scontrano) mirabilmente.
“La lettura di libri ha sempre influenzato il mio percorso artistico. – dichiara in un’intervista – In ogni album che ho scritto, almeno un brano si basa su un libro o una poesia. Tra questi, Amuleto di Roberto Bolano, Il Maestro e Margherita di Mikhail Bulgakov, e nel mio ultimo album, uno dei brani è tratto da una splendida poesia di Zbigniew Herbert. La parola scritta crea immagini, che creano suoni, che creano a loro volta altri suoni, parole… è un ciclo continuo che si autoalimenta e sempre diverso. (…) Una coppia di amici si è comportata come guide meravigliose per me facendomi ascoltare molti dischi che non avevo idea dell'esistenza, mentre frugavamo nei negozi di dischi o guidavamo per la città. Ricordo che la conoscenza e l’ascolto delle opere di Karen Dalton, Alice Coltrane, Laurie Anderson o Meredith Monk, ad esempio, mi ha fatto pensare a cosa sono il linguaggio e la voce umana nella musica... è infinita, ed è per questo che la musica è così importante. Il mio gusto e il mio intuito sono cambiati gradualmente e profondamente, soprattutto da quando mi sono trasferita a New York nel 2014. Lì, in questi anni, posso dire di aver trovato la comunità musicale più varia e avvincente, dalla quale ho imparato costantemente. Sento di avere ancora molta strada da fare e in un certo senso ho trovato una direzione più chiara con questo disco”.
In conclusione, si può affermare che VEVER è un’opera compiuta, singolare, una sorta di concept album da valutare nel suo insieme e non per singola traccia. Va ascoltata in cuffia (possibilmente alle tre di notte) per coglierne tutto il fascino e la magia.
N.B. Il disco è scaricabile gratuitamente su questo link:
https://lauraloriga.bandcamp.com/album/vever/
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