Nel 1990 Le Orme, dopo otto anni di silenzio (a parte la parentesi sanremese del 1987 con il brano "Dimmi che cos'è") tornano con un nuovo disco di inediti. Per il rientro viene allestito un team di tutto rispetto; Mogol come supervisore, alla produzione Mario Lavezzi, oltre numerosi ospiti di prestigio.
Ciononostante il risultato è decisamente inferiore alla somma degli addendi. Ne viene fuori un album piuttosto spento, privo di identità, con i brani che scivolano via anonimi, dove neppure l'abilità virtuosistica del gruppo (soprattutto del tastierista Tony Pagliuca) viene messa in risalto. Anche la presenza dei cori in molte canzoni indebolisce le composizioni.
Non che ci sia nulla di realmente sgradevole, ma il tutto sa di confezionato a tavolino, per cercare il successo di classifica (cosa che peraltro non avvenne). Cosa piuttosto strana per un gruppo come Le Orme che si era spesso distinto per il coraggio di sperimentare.
Tra i brani qualche timido "germoglio" di ispirazione si intravede nelle delicata "25 maggio 1931" (impreziosita dal violino di Angelo Branduardi) o in "Se tu sorridi brucia il mondo", un po' leziosa, ma abbastanza raffinata, o "L'indifferenza" , dove si sente un po' di grinta, con un bell'assolo di chitarra.
A partire da questo album fa il suo ingresso in formazione Michele Bon alle tastiere, qui accreditato soltanto come ospite, ma dopo l'abbandono di Tony Pagliuca (è il suo ultimo disco con Le Orme) membro stabile del gruppo.
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