Se nella metà degli anni settanta Le Orme vanno e fuggono via da Los Angeles con, tra le mani, il celebre "Smogmagica", nel 1982 sembrerebbe che abbiano fatto più o meno la stessa identica cosa, stavolta dall'altro lato degli Stati Uniti, nella New York yuppie, grigia, triste, taciturna e minimalista. In "Venerdì", unico episodio synth beat della loro carriera, è il chill pop nottambulo a far la parte del padrone di casa, e brani come la titletrack e "La Notte" ne sono emblema. Il primo è uno strumentale tutto piano, basso e batteria computerizzata, buona per un inseguimento in un film poliziesco americano, mentre in "La Notte", tra le sonorità più abusate di quella decade, m'immagino Aldo Tagliapietra fare piano bar in un locale dalle pareti blu con decorazioni a forma di stelline argentate, oltreché illuminato dalla immancabile luce soffusa a neon.

"Cuori soli in mezzo al traffico/ Volti senza sguardi teneri/ Stelle bianche, stelle gelide/ Labbra perse nei telefoni..." ("Storie Che Non Tornano")... Le Orme sono nel bel mezzo de "Le Mille Luci Di New York" (o di quelle della Milano da bere?), ma i tre ex ragazzi, pur avvertendone le potenzialità ed il fascino, non ne rimangono ammaliati, ed il loro punto d'osservazione rimane "esterno", critico, non compiaciuto, distante... Non baratterebbero mai, così come fu per Los Angeles nel '75, l'evento nella metropoli caotica con la sagra nel paesello del triveneto, tra liscio, panini con wurstel e senape e - al giorno d'oggi - immancabile stand della Lega all'ingresso.

La differenza, tra l'82 e il '75, per una prog band che ha rinunciato da tempo a ricercare il successo internazionale, non è poi così tanta, ma Le Orme sono, prog si o prog no, una band italiana, e mentre negli Ottanta formazioni anglosassoni come Yes e Genesis ebbero seconde giovinezze, progetti collaterali, membri che vissero fulminanti carriere soliste, altre bands con nomi di quattro lettere che inziavano per "A" e finivano per "A", all'italica prog-banda cosa fu concesso di fare, al cospetto dell'instupidimento dell'audience musicale (o della società) nostrana?

Ok, nulla di ciò che le prog bands fecero nei settanta fu raggiunto, in termini qualitativi, da ciò che esse stesse produssero negli ottanta, questo in Italia come in Inghilterra, sia ben chiaro, così come fenomeni beceri ed infimi quali il new romantic, il gay romantic ed il pop-pettone da classifica attecchiranno dappertutto, ma in nessun luogo al mondo la musica sarà violentata come lo fu in Italia, tra autocaricature giovanili paninaresche, tra palermitani che ti rivolgevano la parola con l'accento milanese, romanzi epocali quali "Sposerò Simon Le Bon" e soprattutto con la Volvo 740 auto dell'anno!

Le Orme, nell'82, proveranno a mettere la loro esperienza in una cornice di musica leggera italiana, di matrice cantautorale; altre bands dell'epoca troveranno altre soluzioni... Tutte cercheranno di sopravvivere, alla ben'e meglio, agli anni ottanta. Le Orme hanno le carte migliori da giocare, hanno tradotto le ansie e le easy suggestions wallstreetiane nei sucitati brani, hanno riaggiornato all'allora nuovo decennio le retoriche dei ritratti femminili, come in "Biancaneve", "Arianna", od ancora nella splendida "Rubacuori", altra storia di innocenza femminile tradita e gettata via (stavolta sembrerebbe senza violenze) dal solito faccia di cazzo di turno.

Erano coscienti, Le Orme, d'esser celebri ed apprezzati in Italia non tanto per pezzi come "Collage" ed il superprog strumentale, bensì per la particolare, semplice e suggestiva linea melodica, che s'eleva ai massimi della storia della canzone italiana in brani celebri come "Gioco Di Bimba", o "Canzone D'Amore" ecc... Ed allora che fare di "Marinai", se non portarla a Sanremo? Il brano vede Tagliapietra piccolo mozzo di un veliero, e dal suo punto di vista ingenuo e sottomesso, ma senza dubbio panoramico, osservare il mondo che s'inquina e si guasta: meglio non arrivare mai a terra, meglio navigare in eterno, meglio continuare a sognare. Epica e romantica, innocua, e suggestiva, una poesiola di Rodari dentro ad una musica sinfonica e spettacolare, Sanremo la boccia, ed il pubblico non le destina il "successo degli sconfitti", regola non scritta ma abbastanza ricorrente nella più famosa competizione canora nazionale. E' la fine, e l'uscita di "Venerdì" non è altro che un ‘atto dovuto': il grande pubblico ha dimenticato Le Orme, o non è più in grado di apprezzarne la musica.

Eppure di episodi all'altezza della band ce ne sono, come gli interessanti crossover "Cercherò", metà prog (i ritornelli) e metà chill notturno americano, e "La Sorte" (magari un po' meno riuscita), un funky pop tutto plastica dai ritornelli simili ad un coro da stadio, o le già citate "Biancaneve" ed "Arianna" (retoriche dei testi a parte), su basi pop-prog tipiche del loro stile, ma molto ricche di soluzioni musicali interessanti, e spazi in cui strumenti, arrangiamenti e ritmi variano sapientemente. Od ancora la conclusiva "Com'Era Bello", sorta di pop-wave il cui finale è dedicato al ‘mozzo' di "Marinai": in fin dei conti, il batterista è rock, le tastiere sono aggiornate all'ultimo sound, e quel basso, beh quel basso lì non è mai stato tanto di moda quanto lo fu tra la fine dei seventies e l'inizio degli eighties...

Di fronte a questi esiti commerciali, al cospetto di un'audience come quella italica, dato che qui non si legge Jay McInerney ma Clizia Gurrado, dato che in Inghilterra i gays erano i Bronski Beat di "Smalltown Boy" mentre in Italia erano i Cattaneo di "Una Zebra A Pois", Le Orme s'arresero, e si sciolsero. Il ritorno, quando avvenne, fu nel 1990, il ché dice tutto...

Se questa è l'Italia, e dato che questa è l'Italia, sono ancor più convinto che fecero male, nel '75, a lasciare Los Angeles...

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