Per i miei eroi da bambino

Bruno, Ali e il Che

Quello dei miei genitori è stato uno dei primi divorzi a Reggio, probabilmente il primo a Cavriago.

E, considerando che in zona per vari motivi erano conosciuti, se ne parlò parecchio (ovviamente di questo mi resi conto più avanti).

Non ricordo praticamente nulla di me bambino, degli anni prima del divorzio, di noi tre insieme (fortuna ho alcune foto in cui sembriamo pure felici)

O meglio ho alcuni flash: loro che se ne dicono di ogni urlando come pazzi furiosi, io che corro in garage tappandomi le orecchie piangendo, mia mamma che esce di sera alludendo a riunioni politiche e similari... probabilmente capivo già che aveva un altro, già intuivo...

I primi tempi, dopo la separazione,fu pure peggio con papà che ogni sera urlava sotto casa e mamma in attesa che arrivasse l’altro; scene drammatiche e grottesche insieme, con mio papà, quasi sempre su di giri (per usare il classico eufemismo), l’arrivo dei carabinieri e il classico “ dai Bruno lascia perdere”. Tremendo vedere il mio eroe ridotto così anche se poi dopo qualche ora mi veniva a prendere e mi portava in bici a scuola. Non ricordo di bimbi che mi prendevano in giro, ma ero un bulletto quindi forse lo facevano quando non sentivo, vigliacchi ahahahah. Papà aveva anche i demoni e quindi andava a periodi; spaccava il mondo o era una persona fragile, insicura e paurosa (maledetta/benedetta genetica), Mamma era determinata e risoluta. Inutile dire “a chi tenevo”.

Attraverso i vari specialisti dei miei demoni (tutti dei poveri illusi, sconfitti irrimediabilmente) ho compreso poi che otto anni sono l’età peggiore per “subire” il divorzio dei tuoi genitori; sei piccolo ma abbastanza grande per capire, ma non abbastanza grande per capire bene (e sai che studi ci volevano per sentenziare questa ovvietà!)

Una cosa però ricordo bene, perché era un rituale che mi rimarrà poi dentro per sempre. Mio papà che mi diceva che la notte si sarebbe svegliato per vedere Muhammad Ali. Oltre che di calcio, del Brasile e dell’Inter mi aveva già parlato di lui... quindi io “tenevo” per Ali senza sapere chi era, poche balle.

Non riesco a ricordare la prima volta, quale incontro fosse, questo non ebbe la diretta Rai, probabile il devastante e brutale ”Thrilla in Manila” con Frazier o uno di quelli con Spinks. Certamente gli ultimi due - disastrosi con Holmes e Berbick - li vedemmo insieme (non oso pensare alla mia sofferenza). Di una cosa sono sicuro: che appena misi a fuoco il signor Muhammad Ali diventò l’altro mio eroe! Il suo danzare, il portare con quella naturalezza il jab sinistro, la velocità e la bellezza delle sue combinazioni, il parlare all’avversario per annientarlo prima psicologicamente poi fisicamente, classe e superbia, arroganza e talento purissimo: tutto ciò mi affascinava ed elettrizzava.

“E’ stato il più grande, unico e non solo come pugile” mi diceva orgoglioso Bruno come se Ali fosse lui (ma il Che e Ali non si potevano discutere, era così).

Si discute se sia il miglior pugile di sempre o no... cioè forse non ci siamo capiti: Ali è il più grande personaggio sportivo di sempre punto; non so se il più grande pugile (sicuro nei 3 con Louis e Robinson) ma unico e, probabilmente, irripetibile per ciò che ha fatto.

A tal proposito quegli anni sessanta furono unici e irripetibili anche per il pugilato ed in particolare per la categoria regina, quella dei Massimi: Ali, Frazier, Liston, Foreman, Patterson, Cooper, Bonavena, Chuvalo, Folley, Williams, Ellis, Young, Terrel, Lyle, Quarry, e ne dimentico sicuro. Probabilmente in altri periodi sarebbero tutti o quasi stati dei campioni della categoria.

Nel mentre l’informazione si diffondeva e la tecnologia avanzava e, con l’aiuto di papà, negli anni mi procurai più materiale possibile sul ragazzo di Louisville, i primi VHS che il mio vecchio si procurò non so dove.

Kinshasa, 30 ottobre 1974 - L’incontro del secolo “Rumble In The Jungle”

Questo splendido Film-documentario ci parla dell’incontro di boxe probabilmente più famoso di sempre e a combatterlo sono Muhammad Ali e George Foreman.

Ma definirlo un incontro di boxe sarebbe ridicolo perché sin dall’inizio dell’organizzazione si capiva sarebbe stato un evento unico e irripetibile.

Ad organizzare ci pensò Don King, forse il più celebre e controverso personaggio del settore (molti l’hanno conosciuto con Tyson ma già da tempo intrallazzava nell’ambiente).

Prima volta in Africa, addirittura in Zaire dove Mobutu si era insediato da alcuni anni al potere con un colpo di stato e carneficine annesse; a tal proposito la testimonianza di Norman Mailer inviato dell’Esquire (ma non fu il solo) ci racconta che il suolo dello stadio odorava di sangue, cosa non improbabile considerando che il dittatore aveva incarcerato centinaia di oppositori nei sotterranei.

King ha convinto Mobutu a sborsare una borsa per i due di 10 milioni di dollari (cifra impensabile pure per i ricchi e capitalisti Stati Uniti) facendo presa sull’ego del dittatore

L’incontro si tiene alle 4 di mattina per dare l’opportunità agli americani di vederlo in diretta, belli comodi, alle 10 di sera.

Don King riuscì a creare un evento sportivo e mediatico epocale anche nel contorno convincendo i maggiori artisti musicali neri a suonare a Kinshasa nei giorni precedenti l’incontro: James Brown, BB King, Miriam Makeba, Bill Withers, Celia Cyrus, The Spinbers, Manou Dibango, Big Black e delle giovanissime Sister Sledge.

Ali arriva all’incontro (largamente) sfavorito e i motivi sono chiari: Foreman è più giovane di 7 anni, è un picchiatore devastante (ha disintegrato Frazier e Norton che hanno battuto Ali), si presenta da campione in carica mai sconfitto e con quasi tutti i match vinti demolendo gli avversari nelle prime riprese; Ali ha fallito la riconquista del titolo, ne ha prese parecchie (oltre che date) da Frazier ed è stato quattro anni senza combattere.

“Sono il re del mondo, sono carino, sono cattivo. Ho scosso il mondo, ho scosso il mondo, ho scosso il mondo!”

“Cassius Clay è un nome da schiavo. Io non l’ho scelto e non lo voglio. Io sono Muhammad Ali, un nome libero. Vuol dire amato da Dio. Voglio che la gente lo usi quando mi parla e parla di me”

Quattro anni senza pugilato, dicevo. Dopo la sensazionale vittoria su Liston e la conquista, giovanissimo, della corona mondiale dei massimi (non dimentichiamoci che Ali “nasce” mediomassimo, in quella categoria diciottenne vince le Olimpiadi a Roma) l’allora Cassius Marvellius Clay Jr prima da sfogo alla sua celeberrima arroganza e stupenda presunzione sportiva e poi, fatto più importante, prende una posizione radicale nei confronti del potere bianco e di una società razzista e conservatrice, annunciando la sua adesione all’Islam e il “cambio” di nome in diretta.

L’America bianca non si aspetta un personaggio del genere, non è pronta.... Ali invece è prontissimo, la sua linguaccia ne ha per tutti. Dopo aver difeso il titolo per tre anni dominando la categoria e boxando come mai nessuno prima con una eleganza e una velocità uniche, viene chiamato alle armi, il Vietnam incombe.

“Non ho nulla contro i Vietcong. Nessuno di loro mi ha mai chiamato negro”.

Già...

Non è confrontabile, ma immaginate un’icona sportiva statunitense del recente passato che si fosse rifiutata di andare in Iran o in Afghanistan alludendo all’atrocità e alla inutilità di tali guerre, rischiando la galera, venendo sospeso dalle proprie attività e quindi rinunciando ad enormi guadagni, in nome di “ridicoli” ed “inutili” valori morali in cui crede fermamente.

Seeee ... “hai visto dei film e pure di fantascienza”... Ali lo fece a 25 anni, nel pieno del suo splendore, rinunciando a quelli che sarebbero stati i suoi anni migliori. Fanculo i soldi, fanculo la corona dei massimi, fanculo voi che volete comprarci tutti e farci muovere a vostro piacimento come dei burattini... fanculo a tutti, “lotterò per il mio popolo, in ciò che credo giusto e per dei diritti sacrosanti”.

Unico, irripetibile, demolì e sgretolò più con queste sue prese di posizione che con i suoi pugni. E mosse le coscienze future di altri sportivi di colore che non sto ad elencarvi; da Ali parti tutto.

L’Evento del secolo si trasformò subito nel nero che combatte per i propri fratelli africani contro il nero servo dei bianchi.

Ali riuscì subito nell’intento e Foreman ci mise parecchio del suo: “Ero ignorante; non sapevo fosse l’ex Congo Belga, che la città prima si chiamasse Leopoldville, ne che Mobutu avesse preso il potere nel ‘65. Ero all’oscuro delle carestie, del fatto che il 65% della popolazione fosse analfabeta e poi non ero un bel tipo, sempre scontroso, minaccioso e arrabbiato” George Foreman.

Un lieve infortunio a Big George fece ritardare l’incontro di sei settimane e Ali ebbe modo di creare un’atmosfera unica:

“Quell’uomo è nei guai, ha paura!”

“Tanto per cominciare è nella mia terra!”

“Ali, boma ye! Vi immaginate 100 mila persone che urlano così?!

Quando sento i miei fratelli incitarmi così mi si apre il cuore, mi si apre l’anima!”

Un genio, l’atmosfera ambientale era creata, tutto era perfetto.... fuori.

Ma questa volta Ali sapeva che incontrava uno più forte di lui, più giovane di lui, più potente di lui e quindi il vero miracolo doveva avvenire dentro il ring per sovvertire le sorti di un finale logico e scontato.

Pensateci bene. C’erano solo due situazioni sulle quali si poteva dubitare delle qualità di Foreman; non aveva mai avuto bisogno di tirare tanti pugni perché metteva ko alla svelta tutti e non ne aveva mai presi - di pugni “seri” - quindi le sue capacità di incassatore erano sconosciute. Eccoli i (soli) due punti sui quali Ali poteva provare ad influire in modo talmente grande da ribaltare tutto.

“Danzerò, danzerò, danzerò“ ripeteva a tutti come un mantra “non mi prenderà mai, lo annienterò”

Balle, balle, balle; Ali non aveva alcuna intenzione di danzare, non avrebbe potuto farlo per più di due/tre riprese, non aveva più le energie e il cardio degli anni d’oro. Mentre mentiva a tutti e provocava Big George, Ali con i propri sparring (tra i quali un giovane e già fenomenale Larry Holmes) già da tempo si allenava a prendere pugni!

“Vediamo quante è capace di darmene prima di stancarsi quel bestione ignorante” immagino pensasse Ali... “poi se riesco a colpirlo vediamo come reagisce”...

“Che cos’è il genio?! Fantasia, intuizione, precisione e velocità d’esecuzione!”

(Perozzi/Noiret)

Inutile dire che tutto andò come pensò e pianificò Ali. Ma dirlo ora è semplice, rivedendo il match fino all’ultimo non ci credi. O meglio dal quarto round in poi cominci a pensare sia possibile.

Inutile e ridicolo provare a spiegare un match di pugilato questo poi in particolare; è impossibile descrivere le emozioni e le azioni di questo match.

Foreman comunque parti a testa bassa menando come un forsennato, pugni che avrebbero steso un toro: Ali si appoggiava alle corde molto più allentate del solito dall’umidità pazzesca della notte africana (e probabilmente da qualche forza oscura), incassando tutto mentre diceva a Foreman che pensava picchiasse più forte, di provare a picchiare più forte! Piano piano i pugni di Foreman diventano meno potenti, l’azione più lenta meno incessante e Ali lo comincia a picchiare con le sue famose precise e veloci combinazioni.

L’epilogo: ottavo round. Foreman continua ad avanzare come un bufalo ma non fa più male, sembra stanchissimo.

A 30 secondi della ripresa Ali mette a segno una delle sue combinazioni più belle, destro sinistro e poi sei sette ganci destri consecutivi. L’ultimo fa barcollare Foreman che sembra cadere, Ali lo guarda pensa per una frazione di secondo di piazzargli l’ultimo mentre sta cadendo come avrebbero fatto tutti; ma ha ancora la lucidità e la classe per non farlo... non si può rovinare quel ko, quel drammatico e splendido insieme balletto di Foreman che cade.

Nemmeno il miglior tragediografo e commediografo insieme avrebbero potuto scrivere una scenografia più perfetta e stupefacente allo stesso tempo: solo Ali genio, classe e talento.

Foreman ne uscirà distrutto, passerà un periodo di depressione e dissolutezza e dopo la tremenda sconfitta con Young negli spogliatoi visse un’esperienza pre-morte con Dio che lo chiamava a se dicendogli di cambiare totalmente vita. Divenne ministro di culto e torno a combattere quasi quarantenne, riconquistando il titolo a 45 anni... a proposito di classe.

“Se ne va una parte di me” - “E’ stato il più grande” disse George Foreman scosso dopo la morte di Ali con il quale aveva instaurato una meravigliosa amicizia.

Il giorno però in cui Ali giocò il round più importante e più bello della sua vita fu ad Atlanta 1996. Io ancora mi commuovo a vedere quell’uomo, che ha avuto il mondo in pugno, avere il coraggio di mostrarsi malato. Quel drammatico tremolio che ancora oggi mi fa urlare “dai Ali tieni duro, dai, solo un attimo ti prego”; la successiva accensione della torcia olimpica, sconfiggendo per il tempo necessario anche il Parkinson. Che classe, solo lui poteva.

Tutto ciò che ho scritto alla cazzo. è magnificamente raccontato nel documentario di Leon Gast, con filmati d’archivio splendidi. Ci documenta tutto il percorso dei due pugili per arrivare all’incontro, l’incredibile atmosfera, il concerto e la carriera di Ali.

Per i miei eroi, ancora oggi, da grande.

Bruno, Ali e il Che.

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