In un'epoca nella quale per non essere risucchiati all'istante nel P2P più sanguisuga l'alternativa è tra inconsistenti termini di uso comune prontamente ricontestualizzati (The Music, Red, Girls) o sigle indecifrabili piene di simboli oscuri, esoterici ed altre merdate varie (stile ragazzetti rimasti folgorati dal black norvegese, quello marcio, feroce e stupramadonne, quello dei dischi registrati in cantina con le copertine in bianco e nero e i testi in madrelingua che parlano di riti pagani, foreste, Nietzsche e Satana), i Lesbian scelgono una terza via: monicker ultradiffuso (specie in certi ambienti voyeuristici internettiani) e anche un pò ultracretino ''...perchè quelli belli, tipo Dream Theater o Excrementory Grindfuckers, erano già presi''.

Sono in quattro, parlano con una vena sensuale e mistica di funghi allucinogeni e marijuana, hanno inciso per la Holy Mountain (che già di per se è una bella garanzia di deformazione mentale) e insieme suonano un particolare incrocio tra sludge, stoner/doom vecchia scuola e progressive metal, melmosissimo ed acido eppure cronometrico e delirante. Il loro primo album risale al 2007: ''Power Hor'', gioiellino di psichedelia isterica e deviante che, con un paio di bengala a supporto (o una tisana di malva a seconda dei gusti), è la morte sua. Poi un Ep, uno split con gli Ocean e, alla fine del 2010, questo full-length. ''Full'' nel vero senso della parola; i numeri parlano chiaro: 5 pezzi, 71 minuti di durata.

''Stratospheria Cubensis'', con il suo titolo maniacalmente intellettualoide, la produzione paludosa di Randall Dunn (Earth, Boris, Wolves In The Throne Room, tra gli altri) ed il suo avviluppatissimo artwork a cura Seldon Hunt, che alcuni di voi già conosceranno per le collaborazioni con Neurosis, Isis e Melvins (quindi anche lui sano al 100% non può essere...), è esagerato, prorompente, smisurato, inenarrabile, radicalmente diverso da sè e da tutto, dove la folle devastazione e le melodie surreali si fondono in un'unica, incontrollata eruzione (''Stropharia Cubensis''), creando micromondi sonici sempre più piccoli e caotici (''Poverty And War Forever''), con il brano più lungo posto in chiusura come a tirare le fila di un senso musicale e di un modus operandi che difficilmente si sente in giro. ''Black Stygian'' è il garbuglio finale: ventidue minuti di delirio psych-doom-sludge-prog che mettono a dura prova la concentrazione dell'ascoltatore per gli elevatissimi ritmi e gli incalcolabili intrecci su cui viaggia la spirale del pezzo. Roba da emicrania pulsante. 

Se dovesse servire una colonna sonora per togliere dalle palle gli ultimi invitati ubriachi che non vogliono lasciare casa vostra alle 3 di mattina, i Lesbian potrebbero fare al caso vostro; poi però, è un consiglio, controllate bene che non sia rimasto nessuno davanti a Youporn curioso di sapere chi fosse questo quadretto statunitense di schizzati.

Pletorico e traumatizzante.

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