Problemi, attesa, incertezze, cambi di line-up. Tutto ciò ha fatto da contorno intorno all'uscita del tanto discusso "The Betrayed", quarto album dei gallesi Lostprophets. Innanzitutto, inizio col dire che, quantomeno per una volta, le fatidiche "parole famose" che si pronunciano generalmente prima dell'uscita di un disco atteso, si sono rivelate in gran parte veritiere, il leader Ian Watkins non molto tempo fa descrisse il nuovo disco come più cupo e più duro rispetto all'ultimo "Liberation Transmission" (non che ci volesse molto), insomma un ritorno al passato e alle sonorità alternative rock e hardcore melodico degli esordi. "The Betrayed"  lo si può definire in parole povere, un tuffo nel passato con un occhio (anche due) al marketing e alle sonorità soft.


Non ci si sorprenda quindi dinanzi all'adrenalina di "Dstryr/Dstryr" , in parte cantata con una buona vena scream (quasi assente nel precedente album) dal carismatico leader Ian Watkins, non ci sorprenda ovviamente anche di singoli da classifica quali la sdolcinata ma non troppo scontata "Where We Belong" o la trascinante "It's Not The End Of The World, But I Can See It From Here ", avvolgente, glam, sicuramente comoda e di facile ascolto. Tutto inoltre è accentuato positivamente dal lavoro del nuovo batterista Luke Johnson che va a sostituire il giovanissimo, nonchè acerbo Ilan Rubin (che nell'ultimo disco ha offerto davvero poco). Come già detto, è tornato un Watkins grintoso e frizzante, "Next Stop, Atro City " è tra i pezzi più ad effetto del disco, forse dell'intera carriera del gruppo, pezzo che viene proposto live già da ormai tre anni con ottime performance (come detto all'inizio, l'attesa per questo disco è nata da tempo, sin dal 2007).


L'allegra "For He's A Jolly Good Felon" fa da spartiacque per la seconda parte dell'album, con episodi sicuramente più emo e con un tocco dark , tutto ovviamente mielato e reso appetibile per tutti. Ottimo inoltre il lavoro del tastierista e uomo mix Jamie Oliver, che torna come qualche anno fa ad inserire dei campionamenti alla fine dei pezzi, oltre che offire un contributo sostanziale nel pop/rock di "Streets Of Nowhere" e di "Darkest Blue", altro pezzo sentito, efficace, ben riuscito. Tutto chiuso da un'ottima "The Light That Shines Twice As Bright", che come struttura ricorda i tempi di "Start Something" e della relativa traccia di chiusura "Sway".


Sicuramente i ragazzi di Cardiff potevano azzardare ancora di più magari riproponendo un tocco di acidità in più, o azzarderei qualche parentesi hip-hop, tutto ormai non più presente sin dal primo disco, c'è comunque da ammettere che il lavoro non ha tradito le attese, insomma  "The Betrayed" non funge da vendita definitiva al denaro, ma non lo ignora neanche, e di questi tempi non si può chiedere il contrario, loro lo sanno, io lo confermo e do il mio assenso al disco, il resto sta a voi e a chi lo ascolterà, si sconsigliano prevenzioni e pregiudizi.

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