Quattro amici spinti dalla passione comune per Foo Fighters e Queens Of The Stone Age, questo fondamentalmente sono i Loud Nine. Persone normali, che come ogni comune mortale una volta imbracciato uno strumento fonde le proprie radici sonore al gusto personale, con risultati – ovviamente – differenti a seconda del talento. E di sicuro questo gruppo qualcosa da dire lo ha, tant'è vero che dopo la pubblicazione dell’esordio “Golem” è stato catapultato su palchi importanti al fianco di Nick Oliveri, Ojm, Briggs e Get Up Kids, dandogli ancor più convinzione e fame.

Oggi a distanza di quattro anni dal debutto eccoli tornare alla carica con “Revelations”, un bel passo in avanti rispetto al suo predecessore in fatto di songwriting ed espressività ma che deve far riflettere i musicisti stessi su alcune scelte adottate. Il trittico che apre il disco è sicuramente il miglior biglietto da visita: “Locomotive”, “Carson” e “Platinum” sono tre ottime canzoni dai forti connotati heavy, dai giri di chitarra caldi e travolgenti nel loro incedere stoner oriented. Potremmo quasi dire di essere di fronte ai migliori brani dell’intero lotto se poi – dopo qualche ascolto – non ci si rendesse conto che fondamentalmente ogni canzone qui presente pur godendo di vita propria in fatto di stile abbia elementi chiave che accomuni il tutto. Una sorta di concept album insomma, qualcosa di intrigante e complesso al tempo stesso che ha dato buoni risultati. Le undici tracce qui presenti esplorano con attenzione diverse tipologie di musica, si passa in rassegna stoner, southern music, la scuola rock statunitense e, come già anticipato, il lato più grezzo della musica heavy. Tutto bene fin qui, persino nelle liriche, interessanti nei messaggi e da migliorare in fatto di pronuncia, neo questo che non darà però ai Loud Nine problemi in caso di esportazione del disco in terra straniera.

Ciò che sembra guastare non poco le feste è la registrazione, problema non da poco nel caso di “Revelations”. Quando si parla di produzioni rock la prima cosa che colpisce all’ascolto è l’impatto sonoro, il calore che un riff trasmette o l’incedere della sezione ritmica: elementi che purtroppo latitano in questo lavoro e non certo per carenze tecniche dei protagonisti. La scelta di uno studio di registrazione è spesso determinata dal budget economico che una band ha a disposizione e proprio per questo non me la sento di demonizzare il gruppo, ma quel che è certo è che dispiace essere di fronte a brani dall'alto potenziale che viaggiano al 50% delle loro possibilità, dando quella sensazione di incompiuto. In definitiva mai come in questo caso è necessario dare due giudizi sull’intero operato, eccelso per quel che riguarda i contenuti e mediocre sulla scelta dei mezzi tecnici.

Carico i commenti... con calma