Tre anni dopo "Carovana", trainato dal singolo "Le ragazze", Luca Carboni si lancia nel nuovo millennio con quello che è di fatto il disco più mieloso della sua carriera. Già con "La mia ragazza", contenuta nella raccolta "Il tempo dell'amore", aveva in qualche modo anticipato ciò che si sarebbe sentito in questo disco. La nascita del figlio Samuele nel 1999 ha intenerito l'uomo Luca, che in "Lu*Ca" (dove "Lu" sta per "Luca" e "Ca" per "Carboni", ma si può leggere anche come "Luca", cioè il solo nome) ci offre undici ballate romantiche e tenere, lasciando solo alla fine uno spiraglio per l'invettiva sociale e la dedica non prettamente amorosa. "Mi ami davvero" ha il compito di presentare il disco, e diciamo che ci riesce abbastanza: "Mi ami davvero, non come gli spot che dicono solo bugie..." e si prosegue su questa falsariga nelle strofe, fino al ritornello liberatorio "Ho scritto una lettera per te, così per sempre la leggerai". Una canzone che fece ritornare Luca ai vertici dell'airplay radiofonico, semplice, orecchiabile e soprattutto acustica, come tutto il disco, che eccetto la parte iniziale dell'ultima canzone, che presenta suoni campionati, non fa per niente uso di elettronica. Il resto del disco, almeno fino a "L'amore non lo sa", sembra scivolare come un unicum, ma dipende dalla predisposizione all'ascolto. "La nostra storia", dove Luca usa termini come "mietitrebbie" dimostrando ricchezza di vocabolario, vanta una dolce introduzione, come "Chiudi gli occhi", dedicata al figlio Samuele, e come "Una rosa per te". L'intento di Luca è di rendere l'album omogeneo, senza sbalzi improvvisi. Sembra più scanzonata "Le parole" nell'introduzione, ma è un falso allarme, infatti nel ritornello si riaffaccia la dolcezza come nelle precedenti, condita questa volta anche da una forte vena malinconica. "Autoritratto" è uno dei pezzi più belli del disco, l'alternanza dei due accordi iniziali colpisce subito, qui il disco comincia a diventare non solo tenero ma anche malinconico e ricco di suggestioni: "No, non si può guardare dentro, fino in fondo proprio no", l'imperscrutabilità degli esseri umani, e la loro incomunicabilità, con l'aggiunta di un'ambientazione piovosa ("Fuori piove e c'ho l'ombrello"). Arriviamo a "L'amore non lo sa", in cui il vate di Bologna di regala la sua filosofia del sentimento, che "senza storia va, perché è appena nato sempre". Anche questa intrisa di malinconia. Con "Quante cose" invece si cambia sfumatura, questa volta si riesce ad essere dolci ma non necessariamente malinconici, come avviene invece in "Voglia di piangere", dedicata alla madre scomparsa (a cui sarà dedicata 10 anni dopo "Madre"), e dove Luca piange "lacrime di comunicazione". Le "note a piè di pagina" di questo disco vengono lasciate a una riflessione sociale, "I problemi della gente", in cui Luca "cammina sotto i portici a Bologna", quindi parla della sua città, citata spesso nella sua produzione, per fare un discorso generale, e a "Stellina (dei cantautori)", una delle più intense dell'album, dedicata esplicitamente, come recita il libretto dei testi, a Renzo Cremonini, il produttore da poco scomparso all'epoca della pubblicazione dell'album, che orbitava intorno agli ambienti di Lucio Dalla e della Fonoprint, e che ha consentito a Luca Carboni di cominciare la sua carriera. Il disco merita un po' più di "Carovana", il suono sembra più curato, la tracklist più omogenea e godibile, anche se siamo sulle tre stelle massimo. Da questo momento Luca diraderà le sue uscite discografiche, e si defilerà per circa un decennio, prima del grande ritorno con "Fisico e politico" prima, e con "Pop-up" poi.

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